Page 36 - Le canzoni di Re Enzio
P. 36
e il ramo puro, il ramo d’agnocasto.
Ora il tesoro ch’è sotterra, sboccia,
fiorisce un tratto, e subito si spegne.
Ora si trova l’erba che riluce,
che fa vedere ciò che fu sepolto.
Ora si vede al lume di tre lumi
chi è lo sposo a cui dormire accanto.
Ora nei trebbi, incerte del cammino,
sostano un poco insieme le versiere.
A li aierini chiedono la strada,
e li aierini ridono. Ma ecco,
di qua di là, lente tra il sonno e piane,
ton, ton , suonano le campane.
III. IL SOLE
Avanti il dì si leva dal giaciglio:
non ha battuto ancora l’ali il gallo,
ancora canta l’assiuolo intorno,
la rondinella è nel suo nido ancora.
Esce la schiava e tira l’acqua al pozzo,
nel lebe colmo ella s’inonda il viso,
scioglie i capelli sotto la rugiada,
v’intreccia i fiori nati tra le spighe.
E poi raccatta i fasci di lavanda,
le reste d’aglio, l’erbe, i fior, le foglie,
le medesine e benedizioni
zuppe di guazza e di virtù notturna.
Larga la guazza piove dalle stelle,
le stelle impallidiscono. Non canta
più l’assiuolo. Va la schiava e cerca
nei greppi un fiore ch’ha ramoso il gambo,
larghe le foglie e morbide di pelo,
grande. Una spiga porta che s’appunta
come la fiamma, e tanti fiori ha forse
la lunga spiga, quanti giorni ha l’anno;
aperti i primi, chiusi i più lontani.
32