Page 57 - Francesco tra i lupi
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IX. Morte davanti al Vaticano
Ogni settimana papa Francesco si fa mandare un rapporto sull’Argentina dalla società di ricerca Poliarquía.
Nel dicembre 2013 ha seguito da vicino l’ondata di saccheggi che ha sconvolto il suo paese quando in varie
province è entrata in sciopero la polizia locale. Gli agenti reclamavano maggiori salari. Appena si sono chiusi
nelle caserme, si è scatenato il caos. Sono partiti gli assalti ai supermercati, ai negozi, alle abitazioni private.
A Córdoba, un milione e duecentomila abitanti, la violenza delle depredazioni è esplosa la sera del 3
dicembre. Dopo ventiquattr’ore si registravano già un morto e centotrenta feriti. Nell’arco di due giorni le
razzie violente si erano estese ad altre province argentine: El Chaco, Tucumán, Jujuy, Entre Ríos, Santa Fe.
Una follia anarchica di cittadini affamati di cibo e beni materiali. Intensificata da bande organizzate, che
piombavano in moto per attaccare supermercati. Nei tumulti si è infiltrata la malavita, incoraggiata – si
sospetta – da elementi della polizia convinti che i disordini avrebbero intimidito le autorità statali,
costringendole a cedere sugli aumenti salariali.
Il 12 dicembre i morti erano saliti a undici, tra impressionanti immagini di collasso sociale e furia selvaggia.
Gruppi di invasati che si fiondavano nei supermercati e ne uscivano correndo con carrelli stracolmi,
aggressioni a piccoli negozi con mazze ferrate per rubare elettrodomestici, articoli sportivi, beni di consumo
di ogni genere. Razzie individuali improvvisate, attacchi nelle case, sparatorie tra saccheggiatori e proprietari,
ladri in fuga uccisi da fucilate. Turni di vigilanza di negozianti in armi. La signora Claudia ha raccontato ai
reporter de «La Nación» di aver passato le notti insieme al marito e ai dipendenti del suo negozio di bibite e
alimentari, nella zona di San Miguel de Tucumán, armati di fucili e rudimentali bombe molotov. Aveva perso
tutto già dodici anni prima durante un’altra ondata di saccheggi. Un episodio fra innumerevoli. Rabbia e
disperazione nel cuore di una nazione sviluppata. Finché non sono stati concessi gli aumenti richiesti.
Un evento locale? Certamente per i giornali europei che, tranne quelli spagnoli, hanno dedicato minima
attenzione alla vicenda. Oppure lo specchio di ciò che potrebbe avvenire altrove, se un giorno si rompesse il
contratto sociale? Il regista John Carpenter lo descrisse in un film di fantascienza, 1997: Fuga da New York,
proiettato nei cinema all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso: la metropoli americana in mano a bande
di criminali nella lotta spietata di tutti contro tutti.
I sociologi argentini hanno dato un nome alla situazione che incombe sulle nazioni, che rischiano di andare
alla deriva nella disgregazione di ogni vincolo sociale, istituzionale, persino familiare. Parlano di «a-nomia»:
eclissi della legge, cancellazione delle regole. Dove vige la legge della prepotenza e ognuno naufraga per conto
suo.
Francesco è estremamente sensibile alla questione sociale. Non passa settimana che non tocchi l’argomento
dell’ingiustizia, della fame, della povertà. La stridente disparità sociale è destinata a generare violenza,
ammonisce. Inutile reclamare sicurezza e pensare di affidarsi alla polizia o all’intelligence, ha scritto
nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium. Il «male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste» reca in sé
un potenziale di violenza, morte e disgregazione. «Fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità
nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le
popolazioni più povere ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra
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troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione» . E questo, non soltanto perché
«l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed
economico è ingiusto alla radice».
Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale, scandisce
Francesco in questo documento che rappresenta il manifesto del suo pontificato. «Nessuno può esigere da noi
che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e