Page 55 - Francesco tra i lupi
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una riscrittura dei suoi programmi di formazione. I relatori agli eventi organizzati dalla Lcwr saranno soggetti
    all’approvazione del delegato vaticano. È un commissariamento in piena regola.
      Le  religiose  replicano  che  si  tratta  di  accuse  «prive  di  fondamento  [e]  potenzialmente  distruttive  per  il
    prosieguo della loro missione». Da allora si trascinano negoziati tra il delegato vaticano, l’arcivescovo Peter
    Sartain,  e  i  vertici  dell’associazione  delle  religiose.  La  tesi  delle  suore,  espressa  dall’ex  presidente  suor  Pat
    Farrell,  è  che  in  tema  di  sessualità  «l’insegnamento  e  l’interpretazione  della  dottrina  non  può  rimanere
    statico... occorre una riformulazione continua, a partire da alcuni principi di fondo. Come religiose siamo
    quotidianamente a contatto con le donne che vivono ai margini della società... La gerarchia non ha il compito
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    di passare le sue giornate fra i senzatetto, ma le religiose sì» .
      Il  procedimento  contro  le  suore  è  tuttora  aperto.  Dopo  la  sua  elezione  papa  Francesco  ha  incontrato  il
    prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, Müller, e ha riconfermato le direttive date a suo tempo
    da Benedetto XVI. Alla nuova presidente delle religiose, Florence Deacon, il pontefice ha comunicato che
    «non è possibile che un religioso o una religiosa non sentano con la Chiesa» e questo esige «fedeltà ai [suoi]
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    insegnamenti» .
      Ma il conflitto tra il Vaticano e l’organizzazione, che rappresenta l’80 per cento delle circa 57.000 religiose
    statunitensi,  mal  si  concilia  con  lo  stile  del  papa  argentino.  In  tema  di  omosessualità  e  aborto  le  religiose
    americane  hanno  anticipato  un  approccio  pastorale  e  non  ideologico-dottrinale,  che  assomiglia  molto  più
    all’atteggiamento di Francesco che alle rigide posizioni di papa Ratzinger. È un nodo complicato da sciogliere.
      Affrontare  fino  in  fondo  il  ruolo  delle  donne  nella  Chiesa  costituisce  un  passaggio  fondamentale  per  il
    pontificato di Bergoglio. La struttura ecclesiale incentrata sulla prevalenza del clero maschile si sta lentamente
    sgretolando.  La  domanda  che  si  pone  alla  Chiesa  cattolica,  entrata  nel  terzo  millennio,  è  quale  sarà  la
    fisionomia delle comunità dei credenti in futuro. Saranno ancora fortemente istituzionalizzate? Diventeranno
    più fluide? O si troverà una forma organizzativa che unisca i necessari vincoli di unità con una flessibilità delle
    esperienze?
      Se una domenica papa Francesco attraversasse il Tevere, potrebbe arrivare in un capannone di via Ostiense e
    seguire una messa particolare. L’altare è un tavolo ricoperto da una tovaglia bianca ricamata. Ha le rotelle per
    poter essere spostato. Un mazzo di fiori e una piccola croce di legno sono posati al centro. Accanto spunta una
    bandierina della pace con i colori arcobaleno. Due calici di vino paglierino e due cestini di pane sono pronti
    per il rito. Dai finestroni in fondo alla parete entra la luce del giorno.
      Un giovane con la barba accorda la chitarra e intona: «Cristo è venuto per stare insieme a noi... alleluja...
    ogni paura ci toglierà». Arriva all’altare una donna in maglione e legge l’atto di penitenza. Arriva una donna in
    cappotto e legge un brano di Isaia. Arriva una donna con la giacchetta di lana e legge la lettera di Paolo ai
    Corinzi. Arriva una donna in giacca a vento e proclama il Vangelo.
      Via Ostiense 152, dagli anni Settanta, è la sede della comunità di San Paolo, formatasi dopo che l’abate-
    vescovo dell’antico monastero di San Paolo fuori le Mura, Giovanni Franzoni, era stato destituito per aver
    denunciato le responsabilità della gerarchia ecclesiastica nelle speculazioni edilizie a Roma.
      Le pareti dell’ex magazzino sono intonacate di bianco, soltanto un lato del grande cubo è stato dipinto a
    trompe d’oeil come fosse un vecchio palazzo romano. Vedo una statua di donna che regge una maschera e il
    profilo  di  alcune  colonne.  Più  in  là  è  affisso  un  manifesto  di  monsignor  Juan  José  Gerardi,  il  vescovo
    guatemalteco ucciso nel 1998 da tre militari per aver pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani
    commesse dall’esercito nel suo paese. Mártir de verdad y paz è scritto in spagnolo. Martire di verità e di pace.
      Una signora dai capelli bianchi, sui cinquant’anni, pronuncia l’omelia. Il suo vestire, come quello delle altre,
    rievoca  l’assoluta  normalità  del  quotidiano.  Una  maglietta  azzurra,  una  giacca  di  lana  beige,  occhiali,
    orecchini, una collana a grani. Ogni ora, ricorda, duemila persone muoiono di fame nel mondo. Sono dati
    della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura. La messa è un
    convivio,  il  Vangelo  rievoca  le  nozze  di  Cana.  Ma  nessuno  deve  essere  escluso  dal  banchetto.  «Finché
    qualcuno muore... non saremo la gioia di Dio».
      Entra un ragazzo, un pazzerello, e gira tra i fedeli dicendo ad alta voce: «Dov’è la mamma... l’avevo detto alla
    mamma... avete visto la mamma?». Nessuno si disturba, lo accompagnano con occhiate affettuose nel suo
    girovagare, ascoltano le riflessioni sul Vangelo e le letture del giorno. Sono in molti ad alzarsi per prendere la
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