Page 50 - Francesco tra i lupi
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VIII. Le parroche nascoste














    Otto ore di treno separano il Vaticano da Effretikon, nel cantone di Zurigo. Basterebbe che Francesco partisse
    dalla stazione situata nella città vaticana (ora trasformata in un esclusivo centro commerciale) e si troverebbe in
    una realtà distante anni luce da ciò che immaginano i prelati del palazzo apostolico. A Effretikon il parroco
    cattolico è donna. Non può fare tutto, è vero, ma la cura d’anime ce l’ha lei.
      Il paesino ha quindicimila abitanti, è un agglomerato di case moderne circondate da boschi. Scesi dal treno
    ci sono il ristorante Stazione, il bar Aida, la pizzeria Pomodoro, la macelleria Tosoni. Una donna musulmana,
    incinta, segue la figlioletta in triciclo, piuttosto bionda.
      Le  chiese  sono  due,  quella  protestante  e  la  parrocchia  cattolica  di  San  Martino.  Quest’ultima  è
    modernissima, costruita nel 1982. Muri totalmente bianchi, una piccola torre con striature di cemento. La
    canonica assomiglia ad un centro sociale: sala riunioni, uffici, bacheche, tanti scaffali, la macchinetta del caffè.
    Molti vetri, molta luce, atmosfera accogliente.
      E lì c’è lei, Monika Schmid, nata nel 1957, jeans neri, maglia nera, un filo d’oro intorno al collo, un anello
    semplice al dito, i capelli biondo-castani tagliati a paggetto come tante donne nordiche che sembra trapassino
    dall’adolescenza  alla  maturità  senza  cambiamenti.  Questa  signora  segue  seimila  parrocchiani  cattolici  ed  è
    «Gemeindeleiterin». Tradotto: guida della parrocchia. Al vescovo il titolo non piace, benché sia abitualmente
    in uso nei paesi di lingua tedesca. In realtà non piace al Vaticano, che negli ultimi decenni – dopo avere
    permesso il fenomeno – ha iniziato a fare barriera. Al vescovo e al Vaticano dà fastidio il termine «guidare».
    Probabilmente sarà sostituito dal più burocratico «incaricato/a di parrocchia».
      Ma la sostanza non cambia. Monika Schmid ha studiato pedagogia religiosa, teologia a Lucerna e a Salisburgo
    e ora segue un corso di teologia spirituale interreligiosa sui punti di contatto con la mistica ebraica e con
    l’islam.  È  arrivata  in  parrocchia  come  assistente  pastorale,  nel  2001  ha  assunto  la  guida  della  comunità  ad
    interim e poi ha ricevuto il mandato canonico. Il documento le affida ufficialmente la parrocchia, anche se
    titolare formale resta sempre un sacerdote. Ma i sacerdoti non ci sono. Nel decanato di cui Effretikon fa parte,
    su circa quaranta parrocchie due terzi sono affidati a incaricati laici.
      Comunque il vescovo di allora, Amadeus Grab, non voleva una donna a guidare la parrocchia. «Venne qui a
    discutere la questione e i parrocchiani risposero a catena che volevano me», racconta Monika Schmid. «Dopo
    tre quarti d’ora il vescovo replicò che non desiderava andare contro la volontà dei fedeli. C’è anche il fatto che
    storicamente in Svizzera è la comunità parrocchiale a ingaggiare il curato».
      La crisi delle vocazioni, in Svizzera come in altre nazioni occidentali, è grave. I vescovi, come avviene anche
    in Italia, hanno creato le cosiddette unità pastorali: molte parrocchie sono affidate ad una piccola équipe di
    preti,  laici  e  religiose.  È  un  sistema  che  brucia  le  energie  dei  pochi  sacerdoti,  costretti  a  correre
    continuamente da una parrocchia all’altra a celebrare messe e confessare. È una soluzione per nascondere la
    crisi,  non  la  risolve.  «I  preti  dei  dintorni  –  dice  Monika  Schmid  –  hanno  novantadue,  novantuno  e
    ottantasette anni. Grazie a conoscenze personali alcuni sacerdoti vengono qui a celebrare messa due volte al
    mese e per i riti di Pasqua e Natale». Gli altri duecentocinquanta giorni dell’anno – giorno più giorno meno –
    la parroca è lei.
      La domenica, vestita di bianco con una sciarpa dai colori liturgici, fa la processione d’ingresso seguita da
    cinque chierichetti (trenta nelle festività) e va all’altare per celebrare la «liturgia della parola». Il rito nella prima
    parte è come la messa normale. Ai fedeli toccano le letture, Monika e l’assistente pastorale – anche lei donna –
    si alternano nella lettura del Vangelo e nella predica. «Predico anche quando c’è il prete a celebrare messa, ma
    l’attuale vescovo mons. Huonder vuole proibirlo».
      Nella  liturgia  della  parola  manca  la  consacrazione.  A  parte  questo  Monika  va  al  ciborio,  prende  le  ostie
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