Page 47 - Francesco tra i lupi
P. 47

rendendo conto della sua fede dinanzi al mondo dei non credenti, prende di petto il nodo della questione più
    difficile: la verità assoluta. È persino fuorviante, spiega, parlare di verità «assolute», quasi evocando l’idea di una
    verità slegata da ogni relazione. No, controbatte Francesco, la «verità – secondo la fede cristiana – è l’amore di
    Dio per noi in Gesù Cristo... la verità è una relazione!». E ognuno la coglie e la esprime a partire dalla sua
    storia,  cultura  e  situazione  in  cui  vive.  Niente  di  soggettivo  in  tutto  questo,  rimarca  Francesco,  ma  la
    consapevolezza che la verità «si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita», è tutt’uno con l’amore. E
    richiede umiltà e apertura per essere cercata, accolta ed espressa.
      In  questa  prospettiva  Francesco  auspica  un  incontro  serio  con  i  non  credenti,  con  l’intenzione  di
    cominciare a «fare un tratto di strada insieme». Ammettendo apertamente che la Chiesa nei suoi esponenti
                                                                                    148
    può aver commesso infedeltà, errori e peccati, «e può ancora commetterne» .
      La  lettera  suscita  un’eco  internazionale.  Nel  mondo  anglosassone  Ian  Buruma,  saggista  ateo,  commenta
    entusiasta che ammettere il primato della coscienza equivale a dire che «non è poi necessario che Dio o la
    Chiesa ci dicano come dobbiamo comportarci. Basta la nostra coscienza... Nemmeno i protestanti più devoti
    si spingerebbero tanto lontano... Le parole di papa Francesco lasciano pensare che quella di eliminare lo stesso
                                                          149
    Dio potrebbe rappresentare un’opzione legittima» . Matthew Fox, teologo statunitense espulso dall’ordine
    domenicano nel 1993 per intervento del Sant’Uffizio guidato dal cardinale Ratzinger, afferma che Francesco
    porta una «boccata di ossigeno dopo trentaquattro anni di papi che sembravano più inclini a dettare le risposte
                                                                                                    150
    e  anche  le  domande  senza  dare  quasi  mai  la  sensazione  di  avere  qualcosa  da  imparare» .  Il  teologo  della
    liberazione  brasiliano  Leonardo  Boff,  anche  lui  silenziato  a  suo  tempo  da  Ratzinger,  legge  nelle  parole  di
    Francesco  l’intenzione  di  testimoniare  il  cristianesimo  senza  pretese  di  conquista.  Boff  scrive  al  papa
    proponendo un concilio Vaticano III, aperto a tutti i cristiani e anche agli atei per affrontare le «minacce che
                         151
    gravano sul pianeta» .
      In Italia si apre una discussione vivace. L’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky coglie
    nel testo di Francesco la riscoperta del concilio. La saggista cattolica Mariapia Veladiano esulta, perché vanno
    in archivio il concetto di una verità-idolo e tutto il pacchetto dei cosiddetti valori non negoziabili, «orribile
    espressione mercantile». Il monaco e teologo Enzo Bianchi rileva che il dialogo con chi crede in cose diverse
    va considerato una ricchezza e non un sacrificio inevitabile. Tuttavia avverte: camminare insieme implica di
    accettare il confronto su temi, su cui magari entrambi gli interlocutori pensano di avere raggiunto posizioni
                152
    consolidate .
      La lettera a Scalfari è indicativa dell’approccio diretto, tipico di Francesco. Invece di parlare in astratto ai non
    credenti,  il  papa  preferisce  dialogare  con  una  persona  in  carne  e  ossa,  accettando  di  discutere  le  sue
    contestazioni. Successivamente invita Scalfari nella residenza Santa Marta e non esita a parlargli con grande
    libertà: «Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso... Il clericalismo non dovrebbe avere niente a
    che vedere con il cristianesimo... Non esiste un Dio cattolico, esiste Dio... La Chiesa è stata molto spesso
    dominata dal temporalismo e molti alti esponenti cattolici hanno ancora questo modo di sentire». Torna, nel
    faccia a faccia, la sottolineatura del primato della coscienza: «Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e
    deve  scegliere  di  seguire  il  Bene  e  combattere  il  Male  come  lui  li  concepisce.  Basterebbe  questo  per
                          153
    migliorare il mondo» .
      Quando in seguito iniziano le polemiche sull’esattezza testuale dell’intervista e Scalfari ammette di avere
    ricostruito  e  ampliato  certe  espressioni  di  Bergoglio,  emerge  un  altro  aspetto  della  personalità  del  papa
    argentino. Francesco sin dall’inizio non ha preteso di leggere la versione definitiva del colloquio e ha dato il via
                                                                                                                 154
    libera  alla  pubblicazione  al  suo  segretario  personale,  don  Alfred  Xuereb,  senza  revisionare  il  testo .  Per
    Francesco conta il colloquio in sé, il messaggio che manda a cattolici e non credenti, molto più del controllo
    di ogni singola parola. Il terreno su cui realizzare una convergenza tra chi crede nella trascendenza e chi ha
    valori immanenti è sotto gli occhi di entrambi gli interlocutori: contrastare l’egoismo crescente e le ingiustizie
    del mondo.
      Da Parigi Julia Kristeva – tra i protagonisti della prima apertura di dialogo da parte di Benedetto XVI –
    osserva che l’umanesimo laico è chiamato in causa dal nuovo approccio del pontefice argentino. «Francesco è
    il curato di campagna sul trono pontificio: unico, sorprendente, inatteso», commenta. «La sua comunicazione
    calda e popolare è un atto politico». Si è attirato la simpatia dei laici più critici. È intervenuto da pacificatore in
   42   43   44   45   46   47   48   49   50   51   52