Page 52 - Francesco tra i lupi
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nella Chiesa e nel mondo, proclamava la necessità che le donne «abbiano accesso a posti di responsabilità, che
offrano loro la possibilità di ispirare le politiche delle nazioni». Sul piano ecclesiale, tuttavia, sia Ratzinger che
Wojtyla hanno sempre costretto il ruolo delle cattoliche nello schema di Maria di Nazareth. Dice Wojtyla che
il fatto che Maria non abbia ricevuto la missione degli apostoli né il sacerdozio ministeriale, dimostra che la
non ammissione delle donne all’ordinazione sacerdotale non è discriminazione, ma l’«osservanza fedele di un
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disegno da attribuire alla sapienza del Signore dell’universo» . Ripete Ratzinger: «Il fatto che l’ordinazione
sacerdotale sia esclusivamente riservata agli uomini non impedisce affatto alle donne di accedere al cuore della
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vita cristiana» .
Il refrain ricorrente negli ambienti vaticani è sempre stato che il sacerdozio non è un potere, ma un servizio.
Se tale è, ribattono molte teologhe, non può che essere aperto a tutti e a tutte. Commenta la teologa Lilia
Sebastiani: finché le donne saranno escluse dal diaconato e dal sacerdozio unicamente in base al loro sesso,
saranno escluse «inevitabilmente da ogni funzione di governo e di magistero» e quindi saranno assai poco
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influenti, anche se fossero importanti per altri motivi. «Saranno ignorabili» .
Nella curia romana le donne in posizione direttiva sono soltanto due. Suor Nicoletta Spezzati,
sottosegretario nella congregazione per i Religiosi, e la signora Flaminia Giovanelli, sottosegretario nel
Consiglio Giustizia e Pace. Benedetto XVI ha rivelato l’ostacolo che si frappone finché rimane prevalente la
visione tradizionale: «Secondo il diritto canonico il potere di prendere decisioni giuridicamente vincolanti è
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legato all’ordine sacro» .
Papa Francesco ha aperto una breccia nel muro. Pochi mesi dopo la sua elezione ha lanciato un segnale
preciso: «È necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa... Il genio
femminile è necessario in luoghi dove si prendono le decisioni importanti». Bisogna riflettere, ha rimarcato,
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sul ruolo della donna «proprio lì dove si esercita l’autorità nei vari ambiti della Chiesa» . Nessun papa aveva
mai espresso un concetto del genere.
Il cardinale Kasper ritiene che si possa arrivare ad una maggiore partecipazione femminile ai sinodi dei
vescovi e non dubita che in futuro le donne possano essere chiamate a guidare i pontifici consigli per i Laici, la
Famiglia, la Cultura, le Comunicazioni sociali, la Nuova Evangelizzazione.
La Chiesa immaginata dal papa argentino è marcatamente femminile. È un tema su cui ritorna spesso. «Io
soffro, dico la verità, quando vedo nella Chiesa o in alcune organizzazioni ecclesiali che il ruolo di servizio –
che tutti noi abbiamo e dobbiamo avere – che il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di
servidumbre [cioè servitù]». La parola è dura. Francesco, commemorando il venticinquesimo anniversario
della Mulieris dignitatem ad un simposio internazionale con la partecipazione di oltre cento donne
dell’associazionismo cattolico di venticinque nazioni, denuncia la situazione senza mezzi termini: «Quando io
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vedo donne che fanno cose di servidumbre, è che non si capisce bene quello che deve fare una donna» . Il
discorso sulla presenza della donna nella Chiesa e sulla necessità di una sua maggiore valorizzazione gli sta
molto a cuore. Lo dice apertamente: la donna è imprescindibile per la Chiesa, anzi la «Chiesa non può essere
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se stessa senza la donna e il suo ruolo» .
Però la questione del sacerdozio femminile non si tocca. «Quella porta è chiusa» ha ribadito, rifacendosi a
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Giovanni Paolo II e manifestando contrarietà verso l’ideologia di potere femminista, che chiama «machismo
in gonnella».
È stretto il sentiero che Francesco si prepara a percorrere. Portare donne in posti di vertice incontrerà
l’opposizione sorda dei conservatori dell’apparato ecclesiastico, e al tempo stesso lo esporrà alle critiche di
teologhe che chiedono eguaglianza completa, poiché non ritengono più giustificabile la discriminazione nel
sacerdozio. «Non si può capire una Chiesa senza le donne attive in essa» è la sua strategia. Ma l’affermazione
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che «non abbiamo ancora fatto una teologia della donna, bisogna farlo» ha provocato reazioni contrastanti.
Nel corso di un incontro internazionale nel novembre 2013 le partecipanti hanno sollevato dubbi. «Non
sono sicura della necessità di una teologia della donna, meno che mai scritta da uomini» ha dichiarato Marti
Jewell dell’Università di Dallas, aggiungendo che «nessuno parla di una teologia degli uomini». Riassume
Vicki Thorn, fondatrice del Progetto Rachele, un programma di riconciliazione e guarigione post-aborto per
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donne e uomini: «Si continua a parlare delle donne come se fossero state appena inventate» .
L’osservazione è pertinente. La Chiesa cattolica – in prospettiva storica – sta appena uscendo da una struttura