Page 53 - Francesco tra i lupi
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mentale patriarcale e tutta maschile e gli apparati gerarchici ne sono tuttora profondamente impregnati. Pochi
    anni fa, la pubblicazione di un inserto sulla questione femminile nell’«Osservatore Romano» ha suscitato in
    alcuni  settori  della  curia  sorrisi  e  battute  come  se  stessero  per  arrivare  in  pagina  consigli  di  cucina  e
    giardinaggio.
      Già nel 1981 il cardinale Carlo Maria Martini sollevava ad un convegno della diocesi milanese interrogativi
    rimasti senza risposta: «Perché, si chiede la donna, identificare l’immagine di Dio con quella trasmessaci da
    una cultura maschilista? Quali indicazioni per un linguaggio globale, anche liturgico, che non faccia sentire
    esclusa nella sua elaborazione la donna? Perché così poche e inadeguate risposte alla valorizzazione del proprio
    corpo, dell’amore fisico, dei problemi della maternità responsabile? Perché la pur grande presenza delle donne
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    nella Chiesa non ha inciso nelle sue strutture?» . Giancarla Codrignani, saggista cattolica ed ex parlamentare,
    ha mandato questo intervento di Martini a papa Francesco.
      Ivone Gebara, religiosa brasiliana appartenente alle Suore di Nostra Signora, per vent’anni docente all’istituto
    teologico di Recife e a lungo attiva nelle favelas, rappresenta la voce più pungente della teologia femminista
    cattolica  latino-americana.  La  suora  ha  ricevuto  nel  1995  dalla  congregazione  per  la  Dottrina  della  fede  la
    sanzione di un periodo di silenzio di due anni. Proibizione di insegnare, pubblicare, parlare in pubblico e
    concedere interviste.
      «Come  può  il  papa  Francesco  semplicemente  ignorare  la  forza  del  movimento  femminista  e  la  sua
    espressione  nella  teologia  femminista  cattolica  da  oltre  trenta,  quarant’anni?»  si  chiede  polemicamente  la
    suora, oggi settantenne. «Per favore, si informi su Google su alcuni aspetti della teologia femminista, almeno
    nel mondo cattolico». Suor Gebara ricorda che c’è una quantità di testi, che non sono studiati nelle principali
    facoltà teologiche e quindi non contribuiscono alla formazione dei futuri sacerdoti. «L’ufficialità della Chiesa
    non ha dato loro diritto di cittadinanza, perché la produzione intellettuale delle donne è ancora considerata
    inadeguata per la razionalità teologica maschile». E non è l’unico motivo. La teologia femminile «appare come
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    una minaccia per il potere maschile prevalente nelle Chiese» .
      Sull’onda delle aperture di Francesco una parte del laicato femminile tenta nuove vie. Nell’autunno 2013 un
    gruppo di teologhe e teologi di Europa e Stati Uniti ha pubblicato un appello per la nomina di donne cardinali.
    Con  la  motivazione  che  fino  al  XIX  secolo  il  cardinalato  poteva  essere  concesso  anche  ai  laici,  e  il  papa
    potrebbe abrogare l’attuale normativa canonica che richiede l’ordinazione sacerdotale per far parte del collegio
    cardinalizio. L’idea era già stata proposta nel 2011 dalla rivista dei gesuiti statunitensi «America» ed è stata
    rilanciata  dopo  i  primi  sei  mesi  di  pontificato  di  Bergoglio  dall’editorialista  dell’«Osservatore  Romano»
    Lucetta Scaraffia: «Sarebbe una rivoluzione così forte da scuotere la posizione di diffidenza e di disinteresse,
    che gran parte del clero assume nei confronti delle donne, religiose e laiche». La storica cattolica, responsabile
    dell’inserto  dell’«Osservatore  Romano»  sulle  problematiche  della  donna,  ammette  che  le  esortazioni  di
    Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a tener conto della presenza delle donne nella Chiesa «hanno dato modesti
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    frutti» .
      È paradossale che negli organismi vaticani che si occupano degli ordini religiosi, dei laici, della famiglia e
    della sanità – dimensioni in cui la presenza femminile è preponderante – le donne siano totalmente assenti da
    funzioni direttive. Probabilmente in questo campo papa Francesco si ripromette di intervenire portando delle
    donne  a  ruoli  guida.  L’ipotesi  del  cardinalato  femminile  è  stata  invece  bocciata  dal  cardinale  Maradiaga,
    coordinatore del consiglio dei cardinali al servizio del papa: «Una donna cardinale? Credo di no. Non serve
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    clericalizzare il ruolo delle donne nella Chiesa. Serve valorizzarle di più, questo sì» .
      Valorizzarle  come?  Maria  Voce,  la  presidente  del  movimento  dei  Focolarini,  suggerisce  di  inserire
    sistematicamente  le  donne  negli  «organismi  di  consultazione,  di  pensiero  o  di  decisione,  che  si  stanno
    sviluppando  nella  Chiesa».  Ritiene  auspicabile  che  un  consiglio  laico  –  composto  da  donne  e  uomini  –
    affianchi il consiglio degli otto cardinali per essere consultato dal papa. In futuro, pensa, sarebbe opportuno
    che alle riunioni preparatorie del conclave partecipassero, oltre ai porporati, personalità laiche di entrambi i
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    sessi  che  «svolgono  un  ruolo  nella  Chiesa  e  possono  apportare  il  contributo  della  loro  esperienza» .  La
    presidente  dei  Focolarini  non  giudica  «insuperabile»  il  problema  del  sacerdozio  femminile  e  ritiene  non
    «impossibile» che in avvenire le porte del conclave possano essere aperte ai superiori degli ordini religiosi e ai
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    presidenti dell’associazionismo cattolico per far diventare «più corale» l’elezione dei papi .
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