Page 68 - Manuale di autostima
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7. IL SEGRETO DEL QUADRIFOGLIO
Federico era nato sfortunato, e di questo ne era certo. Tanto per cominciare, era nato un
Venerdì Santo e sua nonna, che avrebbe potuto scrivere interi studi sul folklore e le credenze
popolari, aveva passato anni e anni a ripetergli che nascere di Venerdì Santo porta male,
anzi malissimo, e che nessuno nato in quel giorno sarebbe potuto sopravvivere molto a lungo
(e anche quei pochi anni che avrebbe passato sulla terra sarebbero stati segnati da disgrazie,
malasorte e catastrofi in generale). Il colpo di grazia avvenne, però, qualche ora dopo il
parto, quando si presentò in ospedale una carissima amica di sua madre, nonché sua
testimone di nozze, che viveva in Italia da qualche anno, ma che era nata e cresciuta in Cina.
La povera donna aveva passato mesi, durante la gravidanza della sua amica, a ricamare un
completo di fazzoletti con dei fiorellini di crisantemi, nella tradizione cinese simbolo di
prosperità e vita agiata. Se si fosse presentata armata di coltello per sgozzare madre e neonato
sarebbe andata meglio, perché l’urlo della nonna, presente alla scena, venne sentito per tutto il
piano.
Non solo nato un Venerdì Santo, ma anche omaggiato di una decina di fazzoletti (che non si
regalano mai, almeno secondo la saggezza di sua nonna… perché simbolo di fiumi di lacrime
in arrivo) decorati a crisantemi (che in Cina sono simbolo augurale, ma di certo non in Italia),
in effetti il destino sembrava essere il migliore amico di sua nonna, o quanto meno avere
firmato un contratto con lei, perché qualunque cosa potesse andare male nella vita di
Federico, andava male, se non malissimo. Si aspettava sempre il peggio, che regolarmente
arrivava, sicuro come il destino. Se, da piccolo, giocava a calcio con gli amici e sua madre
gli raccomandava “attento, è piovuto poco fa e può essere pericoloso”, lui non si limitava a
scivolare, ma cadeva rovinosamente rompendosi un polso. Se studiava ma tralasciava due
pagine, era matematico che l’insegnante interrogasse lui esclusivamente su quelle due pagine,
e lo rimandasse al posto con un’insufficienza.
E questi erano ancora i problemi relativi e, tutto sommato, risolvibili dell’infanzia. Arrivato
all’età adulta, la malasorte si raddoppiò, per non dire triplicò.
Per qualunque scelta o decisione importante dovesse prendere (andarsene di casa, il
lavoro, il matrimonio, la scelta di trasferirsi), Federico si sforzava di essere ottimista o, al
limite, neutro, ma non c’era verso. Sotto sotto, dentro di lui, era convinto che ci sarebbe
stato un problema, anche indipendente dalla sua volontà o dal suo impegno, che non
sarebbe riuscito a controllare e che avrebbe fatto andare tutto a rotoli.
Quel giorno non doveva fare nulla di particolare, in realtà. Doveva semplicemente andare a
ritirare dei prodotti che sua moglie aveva ordinato in una cascina nel paese vicino a loro per il
pranzo di Pasqua. Non c’era nulla di preoccupante, doveva solo partire in macchina, arrivare
dal produttore, ritirare e tornare a casa, in un’ora scarsa se la sarebbe cavata.
L’unica cosa che lo preoccupava è che, ogni volta che doveva andare alla cascina, si perdeva.
Non c’era verso che si ricordasse la strada, e a sua discolpa bisogna ammettere che si trovava
davvero nel mezzo del nulla. Non c’erano indicazioni stradali, non c’erano punti di riferimento
vicini, c’erano solo campi, campi, campi, e ancora campi. Usciti dalla città, ci si inoltrava