Page 71 - Manuale di autostima
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7.1. Perché la fortuna aiuta gli audaci


      Mi  auguro  che  tu  non  abbia  mai  trascorso  delle  giornate  come  quelle  del  nostro  nuovo
      conoscente  Federico,  ma  la  sua  situazione  non  è  poi  così  particolare.  Come  siamo
      generalmente portati a ricordare di più i ricordi negativi rispetto a quelli positivi, le critiche

      rispetto  ai  complimenti,  i  difetti  piuttosto  che  i  pregi,  siamo  anche  più  predisposti  a
      riconoscere  le  situazioni  che  riteniamo  “sfortunate”  rispetto  a  quelle  che  giudicheremmo
      “fortunate”.
      Spesso riteniamo la sfortuna un elemento significativo per i nostri problemi, o per quelli che
      bolliamo come insuccessi, perché riteniamo sia “sfortuna” tutto l’insieme di elementi esterni

      alla nostra volontà e al nostro controllo (la macchina che non parte, l’autobus che non passa,
      la cassiera al supermercato che impiega mezz’ora per dare il resto) e che, considerati nel loro
      insieme,  sono  la  concausa  di  un  nostro  ritardo,  di  una  nostra  dimenticanza  o  di  una  nostra
      mancanza.  Quindi,  alcune  volte,  il  pensiero  dominante  è  “non  sono  capace,  non  sono
      abbastanza bravo come il mio collega… e sono pure sfortunato, capitano tutte a me”.
      Ti senti sfortunato, in generale? A me capita spesso.
      Scommetto  quanto  vuoi  che  stai  pensando  che  ti  dirò  di  lasciare  perdere,  perché  fortuna  e

      sfortuna non esistono, sono solo delle credenze popolari. Mi dispiace, ma questa volta sei
      fuori strada. Non voglio dirti che devi credere alla fortuna al centodieci percento e non
      voglio neanche dirti di non credere alla fortuna, perché l’importante, in questo caso, non è
      decidere se esistono. L’aspetto fondamentale, il mio consiglio, se lo vuoi seguire (sai che

      sei libero), è di non lasciare perdere. Di non dimenticarti totalmente queste due parole,
      perché hanno un loro valore ed importanza psicologica.
      Gli psicologi (anche questa volta mi appello a loro) hanno studiato un fattore che si chiama
      “profezia che si auto-avvera”. Per dirlo in poche parole, se siamo davvero convinti che
      accadrà o che ci accadrà qualcosa, ci sono buone possibilità che accadrà davvero. Questo

      perché, a livello celebrale (quando voglio, riesco ad essere molto scientifica anche io) è
      molto faticoso dover cambiare continuamente idea, e le nostre azioni rispecchieranno il
      desiderio  inconscio  del  nostro  cervello  di  mantenere  la  sua  idea  iniziale.  Quindi,  se
      partiamo  con  l’idea  che  sicuramente  sbaglieremo  strada  per  andare  fino  ad  una  cascina,

      probabilmente, a livello inconscio (so che sembra assurdo, ma ti do la mia parola d’onore che
      dagli anni ’50 ci sono stati moltissimi studi su questa tematica, e i risultati sono stati sempre
      gli  stessi)  presteremo  meno  attenzione  alle  indicazioni  stradali,  ci  faremo  distrarre  dalla
      musica  in  macchina  o  dai  nostri  pensieri  perché,  sotto  sotto,  il  nostro  cervello  ci  sta
      implorando di cambiare strada.
      Per estensione, pensi di essere sfortunato? Credi di non essere all’altezza dei colleghi e di
      essere troppo lento sul lavoro? Ritieni che in famiglia non ti stimino abbastanza? Se ne sei

      profondamente convinto, purtroppo è possibile che tu stia aiutando la “sfortuna”.
      Ma  è  valido  anche  il  contrario,  quindi,  se  provassi  a  convincerti  di  essere  intelligente,
      competente  sul  lavoro,  amato  da  chi  ti  circonda,  probabilmente  anche  il  tuo
      atteggiamento  in  tutti  questi  campi  cambierebbe,  e  finiresti  davvero  per  essere,  o  per
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