Page 84 - Come vivere più a lungo
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L'individualità biochimica
La mutazione genetica che soppresse nei primati la capacità di elaborare la
vitamina C offre un chiaro esempio delle innumerevoli variazioni genetiche at-
traverso le quali, per selezione naturale, si diversificarono gli organismi che
oggi conosciamo. La possibilità di osservazioni biochimiche ci consente di stu-
diarne l'evoluzione dall'interno: essa ci dà una misura quantitativa della ric-
chezza di differenze all'interno degli individui di una singola specie, sui quali
la selezione naturale agisce scegliendo il più forte. Mostra come ciascuno di
noi, esseri umani, possieda un'individualità biochimica, che si manifesta scar-
samente nelle differenze che si osservano nell'uno o nell'altro individuo, ma
che di esse è solo parzialmente responsabile.
Consideriamo ora alcune caratteristiche genetiche come, per esempio, il
peso del fegato in relazione al peso totale dell'essere umano o la concentrazio-
ne di un certo enzima nei globuli rossi del sangue. Prendendo in esame un cam-
pione di cento esseri umani, si scopre che questa caratteristica varia ampiamen-
te. Spesso la variazione è, approssimativamente, quella data dalla funzione
standard delle probabilità, quella con il grafico a campana. Si dice abitualmente
che la «normale» scala dei valori di una determinata caratteristica è quella en-
tro la quale si trova il 95 per cento dei valori e che il restante 5 per cento, che
rappresenta gli estremi, è anormale. Se presumiamo che cinquecento caratteri-
stiche siano ereditate indipendentemente, possiamo calcolare che esiste solo
una piccola possibilità, il 3 per cento, che una persona, fra tutta la popolazione
del mondo, sia «normale» rispetto a ciascuna di queste cinquecento caratteristi-
che.
Si stima, tuttavia, che un essere umano abbia un corredo di centomila geni,
ognuno dei quali serve a qualche funzione, per esempio a controllare la sintesi
di un enzima. Il numero delle caratteristiche che possono essere variabili, a
causa di una differenza nella natura di un gene particolare, è presumibilmente
vicino a centomila, piuttosto che soltanto a cinquecento; di conseguenza, giun-
giamo alla conclusione che nessun essere umano sulla Terra è «normale» ri-
spetto a tutte le caratteristiche. Ovviamente, si tratta di un calcolo assai sempli-
ficato, che aiuta comunque a sottolineare come tutti gli esseri umani differisca-
no l'uno dall'altro e come ciascuno debba essere trattato come un individuo, sia
dal punto di vista biologico sia da quello psicologico.
La specie dell'Homo sapiens è più eterogenea, rispetto ai caratteri genetici,
della maggior parte delle altre specie animali. Nondimeno, l'eterogeneità è stata
riscontrata anche negli animali da laboratorio, come il porcellino d'India.