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Anche Glazebrook e Thomson (1942) hanno frainteso le loro stesse osser-
vazioni nel riassunto del loro articolo. Nel capitolo 13 viene detto che nella
loro ricerca principale, condotta su 435 soggetti, essi hanno trovato che l'inci-
denza dei raffreddori e delle tonsilliti nel gruppo trattato con acido ascorbico
era del 13 per cento inferiore a quella riscontrata nei soggetti di controllo.
In questa principale ricerca, l'incidenza dei soli raffreddori fu inferiore del
17 per cento, mentre nella seconda, condotta su 150 soggetti, fu inferiore del
12 per cento; nel corso di questa seconda ricerca essi osservarono, inoltre,
un'incidenza di raffreddori e tonsilliti inferiore del 15 per cento. Questi fatti,
presentati nel testo della relazione, non sono riportati nel riassunto. Invece,
contrariamente ai fatti, essi affermano: «Le incidenze dei raffreddori comuni e
delle tonsilliti furono le stesse per i due gruppi». Simili riassunti di relazioni,
che presentano in modo non corretto il resoconto dei lavori, si possono trovare
anche nelle comunicazioni di altri ricercatori.
Il comportamento di questi ricercatori, che tendono a minimizzare le loro
osservazioni nei riassunti delle relazioni, può essere dovuto a una sorta di con-
servatorismo e di cautela, all'opinione che non si deve affermare di aver osser-
vato un effetto di prevenzione o un effetto terapeutico, a meno che esso non sia
grande ed evidente.
Secondo me, gli atteggiamenti di questo tipo, per quanto pregevoli possano
essere, non giustificano una descrizione non corretta delle proprie osservazioni.
Gli autori di un articolo medico o scientifico devono sempre battersi per la pre-
cisione. È sbagliato tanto minimizzare i propri risultati quanto esagerarli. Non
c'è dubbio che gli stessi ricercatori sono in parte responsabili del fatto che le
istituzioni mediche non riconoscono l'importanza delle loro osservazioni.
L'atteggiamento delle autorità mediche è bene illustrato dall'affermazione
contenuta nell'editoriale non firmato, pubblicato su Nutrition Reviews (1967),
già citato nel capitolo 6, in cui si dichiara che non esistono prove conclusive
che l'acido ascorbico abbia un qualsiasi effetto terapeutico o protettivo sul de-
corso del raffreddore comune delle persone in buona salute. La ricerca di tali
prove da parte dell'anonimo autore era stata chiaramente superficiale poiché,
come abbiamo detto nel capitolo 13, egli aveva erroneamente riferito che Ritzel
(1961) aveva osservato solo una riduzione del 39 per cento nel numero di gior-
ni di malattia e del 36 per cento nell'incidenza dei sintomi, mentre i valori esatti
erano quasi il doppio (rispettivamente 61 e 65 per cento).
L'editoriale non indica neppure che il suo autore abbia fatto dei tentativi per
analizzare le prove presenti nelle relazioni pubblicate, al fine di accertare se si
poteva o no affermare che i dati provassero con significatività statistica un'a-
zione terapeutica o protettiva dell'acido ascorbico. Non sembra improbabile
che l'autore sia stato fuorviato dalle affermazioni errate contenute nel riassunto