Page 149 - Prodotto interno mafia
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Quello che ho capito dopo tanti anni passati a studiare e
analizzare il crimine è che non esiste una strategia unica.
Politici, magistrati e forze dell’ordine sono continuamente alla
ricerca dell’azione piú efficace, ma il punto è che per un
problema cosí complesso, che coinvolge centinaia di stati,
aziende, comunità e business, non può esserci una sola linea.
L’abbiamo visto chiaramente nel caso del dibattito tra
legalizzazione e criminalizzazione delle droghe leggere:
polarizzare la questione non serve a molto, sono due estremi che
non aiutano a capire quale debba essere la politica pubblica
rispetto all’argomento.
Lo stesso accade con la strategia di contrasto alle mafie: non
c’è dubbio che bisogna continuare a contrastare i vertici,
cercando gli uomini che sono alla guida delle reti e delle
organizzazioni criminali. Allo stesso modo, non c’è dubbio che
una strategia che miri a sgominare l’organizzazione puntando ai
vertici da sola non sia sufficiente.
In Europa negli ultimi anni c’è stato un piccolo passo in avanti
con la creazione della polizia unica europea, l’Europol. Ma
bisogna metterne in campo altre: scoprire quali sono le strutture
finanziarie e politiche che sostengono i criminali, capire come
sono connesse tra di loro. Per me è evidente, per esempio, che in
Italia ci sia una miopia rispetto ai principali giocatori nella
partita mafiosa.
Si spieghi meglio.
Sono sicuro che ci sono importanti esponenti politici e
aziendali del paese che rivestono ruoli fondamentali nella
’ndrangheta, nella camorra e nella mafia. Cosí come credo che il
fenomeno non sia solo interno, ma esistono tante organizzazioni
sparse nel mondo – in Cina, Albania, Russia, Messico, Colombia
– che svolgono una parte attiva nel mercato criminale italiano.
Non bisogna mai perdere di vista quanto sia profondamente
transnazionale il fenomeno della criminalità organizzata. Ma piú
che auspicare un coordinamento globale o fare affidamento sugli
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