Page 135 - Prodotto interno mafia
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con obiettività davanti all’Assemblea generale della Cei, senza
nascondere, ridimensionare o giustificare. Credo che quel giorno
resterà tra i migliori della storia della Chiesa italiana.
Ovviamente l’ammissione di responsabilità non cancella la
colpa: sul tema della pedofilia, come sul tema della criminalità
organizzata, il clero poteva intervenire prima. Non possiamo non
chiederci il perché del silenzio e delle omissioni.
Lei si è dato una risposta?
La tentazione del possesso per gli umani è invincibile: beni,
idee, creature, territori. Che cos’è la malavita organizzata se non
il controllo di ciò che conta e la possibilità di usarlo a proprio
piacimento? Il fenomeno malavitoso nasce proprio dalla sete di
conquista.
L’uomo di Chiesa può cedere alle tentazioni spinto da fini
spirituali. Immaginiamo un criminale che dice al prete: «Ho da
far transitare un’ingente somma di danaro, se mi aiuta ne donerò
una parte per opere di carità». È un reato che non implica il
coinvolgimento diretto del religioso nell’azione immorale e che
ha implicazioni caritatevoli. Tanti in passato hanno creduto che
questo fosse sufficiente per giustificare il malaffare davanti a Dio
e agli uomini.
Il cardinale Salvatore Pappalardo si distinse per una decisa
azione di contrasto a Cosa nostra. Nel 1983 fu chiamato, come
ogni anno, al carcere dell’Ucciardone di Palermo per celebrare
la messa, ma i detenuti la disertarono, dando cosí un forte
segnale intimidatorio alla Chiesa cattolica, colpevole di un
impegno crescente nella lotta alla mafia. L’atteggiamento di
Pappalardo cambiò: poche omelie contro la mafia, non piú
attacchi diretti ai boss, una vita piú ritirata. In molti pensarono
che il cardinale, intimidito dalle minacce o richiamato dai
vertici della Chiesa, avesse fatto marcia indietro. È cosí?
Sono sempre stato vicino al cardinale, soprattutto quando
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