Page 108 - Prodotto interno mafia
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Questo  è  stato  l’atteggiamento  degli  imprenditori,  ma  come

               ha reagito l’opinione pubblica?


                   L’opinione pubblica ha colto nel nostro operato un elemento

               di innovazione sociale. Ci hanno offerto candidature alle elezioni
               politiche  e  non  abbiamo  accettato,  anzi  abbiamo  ribadito

               pubblicamente  che  il  nostro  scopo  è  rendere  forte  la  società
               siciliana, non ingrossare le fila della politica. Una serie di gesti di

               coerenza ci ha dato credibilità agli occhi degli italiani.
                   Molto ha fatto la creazione di una rete di alleanze ragionate:

               sapevamo di non poter fare tutto da soli, quindi abbiamo avviato
               subito un confronto con le associazioni antiracket della regione,
               con «Addio pizzo» e «Libero Futuro» a Palermo. Confindustria

               non ha il know how per gestire un imprenditore che denuncia, le
               associazioni  antiracket  sí.  Quando  un  nostro  imprenditore

               denuncia, sappiamo che queste organizzazioni lo assisteranno e
               guideranno nel processo.



                   Quando  si  intervistano  persone  impegnate  in  battaglie  civili
               come  questa,  il  messaggio  che  passa  è:  tutto  deve  partire  dai

               singoli,  dalle  coscienze  individuali.  Colpisce  che  lei,  pur
               riconoscendo  la  responsabilità  individuale,  ponga  l’accento
               sulla necessità di un processo collettivo.



                   Non esiste un primato nella lotta alla criminalità organizzata.

               Esiste una rete di persone normali che ritengono che il crimine
               sia  un  grande  problema  economico  e  sociale,  non  solo  etico.
               Quello che facciamo noi è esercitare una funzione di controllo

               sociale  di  cui  ci  assumiamo  la  piena  responsabilità,  perché
               espellendo  un  innocente  possiamo  danneggiare  spesso

               irrimediabilmente l’azienda.
                   Quando in giunta abbiamo votato la delibera su proposta delle
               associazioni meridionali per rendere obbligatorio il codice etico,

               il  primo  a  intervenire  a  favore  è  stato  il  presidente  di
               Assolombarda,  Alberto  Meomartini,  dichiarando  che  avrebbe

               recepito automaticamente il codice varato quel giorno. Oggi noto



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