Page 106 - Prodotto interno mafia
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alla rivendicazione, assumendo la responsabilità di ciò che
avviene nella nostra regione. Per riuscirci bisognava associare a
un’idea una sanzione: abbiamo deciso cosí di espellere
dall’associazione non solo l’impresa collusa con la mafia, ma
anche l’imprenditore che paga il pizzo rifiutandosi di denunciare.
L’idea era creare un disvalore rispetto ad alcuni comportamenti e
renderlo pubblico.
È importante dire che tutto questo sta avvenendo in un
contesto favorevole, in cui magistratura e forze dell’ordine
svolgono un ruolo importantissimo: l’azione repressiva diventa
sistematica. Viene messa in discussione la categoria stessa della
vittima: se lo Stato riconquista il territorio, chi continua a pagare
il pizzo è connivente.
Forse è questa la vera rivoluzione: non fornire piú alibi alle
vittime del pizzo?
Le due coordinate principali del nostro progetto di legalità
sono l’assunzione diretta di responsabilità e l’idea, contenuta nel
codice etico di Confindustria, della sanzione sociale attraverso
l’espulsione. La decisione è stata presa definitivamente durante
un consiglio direttivo a Caltanissetta, scelta perché scenario di
uno scontro molto forte tra la vecchia gestione imprenditoriale
legata a un imprenditore edile arrestato per mafia, e quella nuova
che stava avanzando. Da imprenditore dico che la comunicazione
funziona se c’è il prodotto, e noi siamo stati in grado di costruirlo
e renderlo convincente.
Ovviamente tutto ciò è stato possibile perché non ero solo. La
persona con cui ho condiviso questa avventura fin dall’inizio è
Antonello Montante . In principio molti colleghi hanno pensato
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all’ennesima iniziativa antimafia che si sarebbe spenta nell’arco
di qualche settimana. Sapevamo che il progetto aveva bisogno di
tempo per sedimentarsi: in Sicilia ci sono state troppe iniziative
antimafia diventate spesso viatico per carriere politiche. La gente
doveva convincersi del fatto che facevamo sul serio.
Ho chiesto ai miei associati di darci fiducia e sei mesi di
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