Page 107 - Prodotto interno mafia
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tempo: già nella primavera dell’anno successivo sono arrivati i
risultati. Oggi in Sicilia c’è un clima diverso, per la prima volta
non influenzato da eventi emotivi, perché non ci sono eroi che
hanno dovuto sacrificare la vita.
In questi anni abbiamo cercato di evitare la retorica,
consapevoli dei danni che ha fatto alla lotta alla mafia in passato.
Per questo abbiamo privilegiato, al contrario, un approccio
pragmatico, provando a trasmettere come unica idea che non
siamo eroi ma imprenditori che si occupano di economia.
Bertolt Brecht diceva: «Sfortunato quel popolo che ha bisogno
di eroi». Mi chiedo che prezzo ha dovuto pagare per imporre
una svolta alla imprenditoria siciliana…
Quando, nel novembre del 2007, fu ritrovato dalla polizia il
libro mastro di Salvatore Lo Piccolo, contenente i nomi dei
commercianti che pagavano il pizzo a Palermo, dichiarai che se
fosse uscito un libro analogo sugli industriali siciliani, avremmo
trovato numerosi nomi di associati a Confindustria. Un paio di
giorni dopo molti imprenditori andarono a protestare in sede per
le mie «gravi illazioni».
La situazione è molto cambiata. Grazie all’attività svolta da
«Addio pizzo» e agli sforzi di Confindustria Sicilia, le stesse
persone che quel giorno protestarono in associazione oggi sono
tra gli imprenditori piú convinti dello strumento della denuncia.
Ricordo una scena divertente con l’allora questore di Palermo,
Peppino Caruso, che all’inizio di questa avventura invitai nella
sede palermitana. Nella sala stracolma, il questore, uomo molto
concreto, disse: «Signori, le statistiche dicono che due terzi degli
imprenditori pagano il pizzo. Vogliamo fare uno sconto e dire la
metà? Questo significa che la metà dei riuniti in questa stanza
paga il pizzo a Cosa nostra». Cadde nella sala un gelo
incredibile. Qualcuno, anni dopo, mi confessò che quel giorno,
dopo le parole pronunciate da Caruso, andò a sporgere denuncia
all’associazione.
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