Page 82 - Mani in alto
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Sartre, D’Annunzio e Mandrake















           Forse cose in comune tra Sartre e D’Annunzio le avevano trovate solo Romano e

          Paolo, nei lunghi mesi in galera.
           Paolo aveva iniziato a leggere le poesie di Gabriele D’Annunzio quando era nella
          X Mas. In camerata con lui c’era un certo Ferrara che aveva sempre con sé un libro
          di poesie.

           Leggevano insieme, o meglio, ognuno aveva il suo segno con un’orecchietta nella
          pagina e man mano che si procedeva il lettore di turno lo spostava spiegazzando il
          lembo della pagina. In alto c’era il segno di Ferrara, in basso quello di Paolo.
           Ferrara non proveniva proprio dalla città di Ferrara, ma precisamente da Vigarano

          Mainarda, tutti però lo chiamavano così per praticità.
           E dire che Paolo a scuola proprio non ne voleva sapere di imparare a leggere. Il
          maestro lo chiamava accanto alla cattedra, lo faceva leggere in piedi e a ogni errore
          partiva la bacchetta.

           Con la mano destra lo scolaro teneva il segno per seguire attentamente la lettura, ma
          la mano sinistra doveva stare protesa vicino alla temibile bacchetta, così il maestro
          poteva colpire a ogni sbaglio. E se lo scolaro, in un moto d’istintiva difesa, ritirava
          frettolosamente la mano, il maestro raddoppiava la pena.

           «Casaroli, quante volte te lo devo dire?»
           A Paolo non piaceva studiare, dovette ripetere diverse volte l’anno scolastico, per
          questo in seguito fu mandato in collegio a Faenza per imparare almeno un mestiere.
          Non gli dispiacevano l’arte e la pittura, ma nelle altre materie era svogliato e

          l’appassionava solo la storia dei grandi condottieri come Attila, Alessandro Magno
          e soprattutto Annibale. Sognava di attraversare come lui le Alpi e i Pirenei e si
          immaginava di stare in un accampamento sotto una tenda con donne affascinanti che
          danzavano tutta la notte solo per lui.

           Poi scoprì le poesie di D’Annunzio.
           Non vedeva l’ora che Ferrara richiudesse il libro, per riprendere a leggere quelle
          pagine e senza nemmeno bisogno di tenere il segno con il dito per seguire le frasi.
          Ormai l’aveva letto già tre volte, ma ogni volta trovava una cosa nuova.

           Il Bello invece aveva scoperto Sartre in prigione. In galera, infatti, le cose proibite
          ci finiscono sempre.
           Il muro era uscito in Italia nel ’47, poi venne messo al bando e quindi sequestrato
          per oltraggio al pudore. Romano si appassionò allo scrittore francese e quando
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