Page 115 - Mani in alto
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«Signor Casaroli Paolo, la sua professione regolare quale era?» chiede tutto d’un
          fiato il presidente.
           «Non mi sono mai posto questo problema! Io facevo il rapinatore e basta…»
           Dal pubblico giunge un lieve brusio, mentre Paolo accavalla le gambe.

           L’aula è grande e non tutti sentono bene il suono delle parole, qualcuno suggerisce
          di far metter microfoni e altoparlanti.
           Casaroli risponde alle specifiche domande sui vari fatti accaduti dividendo le colpe
          in parti uguali tra se stesso, Romano e Daniele, in questo modo scagiona per i reati

          più gravi i complici minori.
           «Ma c’è tutto scritto sui giornali» dice poi con sufficienza.
           Paolo sa bene che l’ergastolo non glielo toglie nessuno, ma forse, come suggerisce
          il suo avvocato, potrebbe cercare di mitigare la pena invocando la seminfermità

          mentale.
           C’è stata persino una perizia psichiatrica, ma Paolo ci crede poco e sa benissimo
          che si beccherebbe comunque almeno trent’anni di galera più due di manicomio
          criminale.


           Sfilano decine di testimoni, funzionari di banca e semplici clienti, vengono fornite
          decine e decine di prove.
           Il Biondino e Zucchero dichiarano di non aver mai sparato un colpo e addossano

          tutte le responsabilità a Casaroli.
           Paolo annuisce e li chiama «ausiliari», ribadisce che i titolari della banda erano lui,
          Ranuzzi e Farris, tanto ormai a loro nessuno può fare più nulla.

           Viene ascoltata anche la madre di Paolo. Conferma che non sapeva nulla
          dell’attività del figlio, lei sapeva che commerciava in orologi e impermeabili.
           Paolo dalla gabbia l’ascolta con un sereno sorriso.
           «Paolo per me è sempre stato un bravo ragazzo, non aveva nemmeno dieci anni che
          mi aiutò dopo le botte che presi da mio marito… quella volta andai anche in

          ospedale».
           Gli sguardi di Paolo e del Lungo s’incrociano per un breve momento, entrambi
          ricordano bene quel giorno di fine giugno del ’36.

           In platea c’è anche la Luisa della sartoria Pennesi con due amiche.
           «Sai che a vederlo di persona è molto più bello che sui giornali?» sussurra
          un’amica nell’orecchio della Luisa.
           «In fotografia non è mai venuto bene…»
           La Luisa vanta una certa intimità con Paolo. Il fascino del gangster aleggia in certi

          commenti delle ragazze. La fantasia ricama trame meravigliose e rincorre
          affascinanti avventure cinematografiche d’oltreoceano.
           «E quella chi è?» chiede la Luisa quasi tra sé.

           Una signora elegante viene chiamata a deporre circa un telegramma che avrebbe
          inviato da Torino per il noleggio della Fiat 1400.
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