Page 110 - Mani in alto
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Daniele e Romano
È una fredda mattina di tardo dicembre, mentre il mondo e una città intera si
preparano a festeggiare il Natale, la salma di Daniele Farris viene accompagnata al
camposanto.
Al funerale partecipano soltanto sette persone intirizzite.
Maria e la madre di Daniele si tengono sottobraccio e guidano quel piccolo corteo
funebre, due anziane signore con il velo in testa seguono leggermente in disparte
sgranando il rosario e mormorando sottovoce un Pater Noster.
Ad accompagnare il feretro di Romano, invece, non c’è proprio nessuno.
Paolo è ancora in ospedale, sta guarendo in fretta, ma sa che ad attenderlo c’è un
processo con mille capi d’accusa.
La misera cassa di legno esce dall’obitorio sorretta da due becchini del cimitero,
aiutati da un inserviente con un grembiule bianco.
Di fianco al marciapiede un paio di giornalisti parlottano fra loro, alcuni passanti si
fermano a curiosare poi proseguono infreddoliti.
Il maresciallo Farolfi esce dalla porta principale, si ferma un attimo e guarda verso
la strada. Tira leggermente su il bavero del nuovo cappotto e s’infila lentamente i
nuovi guanti di pelle.
Le salme di Daniele e Romano non hanno diritto ai sacramenti, la Chiesa per chi si
toglie la vita non ha alcuna pietà, figuriamoci per dei suicidi delinquenti.
Non erano trascorse che poche settimane da quando, tra l’armonioso canto del Te
Deum e un garbato volo di colombe bianche, Pio XII aveva proclamato l’Anno Santo
del gran ritorno e del perdono dal sagrato della basilica vaticana.