Page 108 - Mani in alto
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Al Sant’Orsola















           «È là in fondo, l’ultimo corridoio a sinistra…»

           L’infermiere indica il punto al maresciallo Farolfi.
           L’odore tipico di alcol non si stempera nemmeno al passaggio delle divise. E
          all’ospedale Sant’Orsola ce ne sono parecchie di uniformi a piantonare un ricoverato
          speciale.

           «Comandi maresciallo!»
           I due agenti, con il mitra a tracolla, sono di guardia davanti alla porta e scattano
          subito sull’attenti.
           Il maresciallo Farolfi risponde distrattamente con un cenno della mano.

           Casaroli è sdraiato sul fianco destro, ha la barba lunga e indossa un camicione di
          tela grezza bianca con il marchio dell’ospedale sulla schiena.
           «Buongiorno maresciallo, come mai da queste parti?»
           «Hai salvato la pellaccia anche stavolta eh, Casaroli?»

           «Non considero niente la mia vita, quindi nemmeno quella degli altri» risponde
          Paolo allungando un braccio verso la spalliera del letto.
           «Sono venuto a trovarti, perché mi sento in obbligo di consegnarti una cosa».
           Paolo Casaroli guarda il maresciallo con sorpresa.

           «L’altra sera al cinema Manzoni sono arrivato io per primo subito dopo quello
          sparo in galleria…»
           «Sì, lo so maresciallo, ho letto i giornali, siete diventato importante, vi daranno una
          medaglia».

           «Casaroli… Casaroli… non scherzare e leggi questo biglietto che aveva scritto il
          tuo compare Farris prima di…»
           Paolo si sporge dal letto e tende la mano sinistra verso il foglietto.



            La faccio finita, non per paura o vigliaccheria, ma solo perché ho il rimorso di non essere stato vicino ai miei
            amici e specialmente a Paolo nella sua ora estrema. Non mi pento di nulla, ho fatto tutto ciò che volevo. Paolo,
            mantengo la promessa, ti seguo!



           «Noi tre eravamo veri amici… ci volevamo bene. Se per caso tra noi sfuggiva una
          parola sgarbata, il giorno dopo ci mandavamo delle lettere per scusarci, proprio

          come degli innamorati».
           «Però politicamente eravate diversi, è vero?»
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