Page 112 - Mani in alto
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Paolo continua a rifiutare il cibo e viene alimentato forzatamente con un sondino,
          dopo qualche giorno riprende a malincuore a mangiare da solo.
           In questa lunga attesa del processo scrive molto, fitte pagine su un quaderno che
          tiene sempre con sé. Appunti, racconti poetici, pensieri, riflessioni.



            Si  dissolse  nel  buio  regalandomi  un  altro  regno  di  fantasmi.  C’era  un  piacere,  un  fascino  speciale  a  sentirsi
            accarezzare l’orecchio dal fruscio monotono della macchina da proiezione poi, come un tocco delicato, quasi in
            sordina, mi giunse lieve come lo sciacquare dell’acqua sulla riva l’introduzione della II rapsodia di Listz.


           Paolo ha ripreso a sfogliare Nietzsche, Kant, Jung e sta leggendo anche Sartre.
          Cerca di capire e comprendere quello che poteva aver provato Romano nel leggere

          quelle pagine, nel profondo.
           Riflette su come avevano insieme interpretato e inteso la morte, una liberazione dal
          fuoco terribile che sentivano dentro. Una sorta di autodistruzione allo stato puro.

           Sul muro di cinta del carcere c’è sempre disegnata la vecchia porta da calcio, ma
          adesso ci sono altri detenuti che cercano di segnare un gol con un pallone di stracci.


           Quando cala la sera le voci si attenuano, le luci si spengono e soltanto alcuni rumori
          sordi delle celle vicine irrompono a violare l’intimità.
           La luce della candela illumina il foglio bianco e ridisegna la sagoma della cella.
          Insieme alle parole prendono forma ombre, apparizioni, figure misteriose ormai
          dimenticate. Fantasmi che si formano e svaniscono insieme ai pensieri e al soffio di

          un respiro che fa ondeggiare la fiammella.
           Ombre del passato, mostri e orchi dell’infanzia che un tempo erano dappertutto e
          solo sotto le coperte del bambino non osavano addentrarsi. Paolino rannicchiato nel

          suo lettino, mentre i genitori in cucina litigano ferocemente.
           Anche qui le ombre si formano minacciose e svaniscono solo con la forza delle
          dure parole che prendono forma sul foglio bianco.



            Il mio spirito fu trascinato in un’altra spirale melodiosa, perdendosi tra le vette inaccessibili ai comuni mortali.



           Paolo apprende dal giornale che il filosofo Benedetto Croce si è espresso contro
          Kant, allora decide istintivamente di rispondergli per le rime.



            Egregio Onorevole, ho letto attentamente i suoi commenti e critiche sul trattato di pedagogia e didattica di Kant.
            Biasimo e deploro la sua enfatica prosopopea doppiamente deplorevole per il fatto che lei denigra un defunto.
            Ma vi è un tale che non tollera simili atti di viltà e che si erge a paladino dei calunniati e indifesi e quel tale sono
            io, Paolo Casaroli, temuto e riverito en tout le monde. Quando uscirò di qui verrò a farle la pelle.
            Saluti. Paolo Casaroli.


           Ripiega la lettera e la consegna alla guardia con un sorriso beffardo. Sa benissimo
          che le autorità del carcere leggeranno quelle parole e la lettera arriverà anche ai
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