Page 8 - Shakespeare - Vol. 4
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recentemente, di John Day (da parte di F.D. Hoeniger, 1963). Al collaboratore
vengono di solito assegnate scene dei primi due atti, mentre Shakespeare
avrebbe scritto in sostanza tutta la seconda parte del dramma. Anche questa
ipotesi non dà conto della pessima trasmissione formale della seconda parte,
che sarebbe di Shakespeare; mentre, per quanto riguarda la prima parte, non
spiega perché l’eventuale lavoro di un drammaturgo minore dovrebbe
presentare le contorsioni sintattiche e le confusioni semantiche che ci sono
state trasmesse.
Più convincente è a mio parere l’ultima ipotesi, quella avanzata da Philip
Edwards in un articolo del 1952 e poi dallo stesso critico ribadita, sia pure con
maggior circospezione, nella sua Introduzione alla edizione Penguin del
dramma (1976). Secondo Edwards, molti dei problemi si possono risolvere
ipotizzando che il testo stampato da Gosson, come era avvenuto peraltro per
molti altri drammi di Shakespeare (e per lo stesso Amleto), sia il frutto di una
pirateria editoriale, e cioè di una trascrizione illecita e approssimativa
dell’opera, mentre veniva recitata, da parte di uno o più stenografi
(reporters) appositamente assoldati. Evidenze tipografiche indicano che il
dramma fu composto a stampa in due diverse tipografie e da tre diversi
tipografi. La differenza di mano nella composizione, tuttavia, non basta a
spiegare le vistose differenze non solo grafiche e formali, ma anche
sostanziali, tra la prima e la seconda parte. Ecco perché Edwards ipotizza la
presenza di due diversi stenografi o reporters, che si sarebbero divisi il
compito di trascrivere il dramma, e l’avrebbero fatto con due orientamenti o
metodi diversi: uno avrebbe ricostruito i primi due atti supplendo alle
incomprensioni e alle lacune con un accomodamento disinvolto della struttura
metrica, mentre l’altro, più scrupolosamente, avrebbe riportato, negli atti
III-V, il linguaggio originale del dramma, pur con qualche scompenso, senza
badare tanto alla scansione dei versi.
È una ipotesi che richiede una certa fantasia filologica e che, tuttavia, sembra
rispondere meglio delle altre ai complessi problemi offerti dal testo. Edwards
non esclude che parte del dramma potesse non essere di Shakespeare, ma
sostiene − a mio parere, giustamente − che esso «fu concepito come un
tutto da una sola mente». L’impianto complessivo, lo svolgimento tematico, i
paradigmi immaginativi e simbolici, la concezione romanzesca − che in tanti
punti fa da preludio ai tre successivi romances shakespeariani − sembrano
indicare un’unica paternità. E, se è vero che si riscontrano indubbi echi di altri
drammi shakespeariani negli atti III-V (IV, iii rimanda a Macbeth; V, i, 142-44
ripropone versi di Re Lear; e anticipi della Tempesta possono riscontrarsi