Page 671 - Shakespeare - Vol. 4
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ed esce la zingara al prato,
questo è il tempo più bello:
sangue rosso vince l’inverno.
Sulla siepe s’asciuga il bucato,
dolci cantano uccelli, olé!
e mi vien voglia di rubarla,
ché un quarto di birra è roba da re.
Canta l’allodola, tirra-lirra,
olé, olé, il tordo e la quaglia,
cantan l’estate alle pupe ed a me
che ruzzoliamo in mezzo alla paglia.
Son stato al servizio del principe Florizel, ed a suo tempo ho portato un bel
velluto spesso, ma ora sono a spasso.
Ma devo forse piangere, mia cara?
Splende la luna bianca nella notte;
io me ne vado a zonzo qua e là,
ed è la miglior vita che mi va.
Se agli stagnini è lecito campare
portando borsa in pelle di maiale,
allora anch’io posso rendere conto
dichiarando il mestiere sulla gogna.
Io traffico in lenzuola; quando il nibbio fa il nido, attenti ai fazzoletti. Mio
padre mi ha chiamato Autolico; che, essendo anche lui, come me, nato sotto
Mercurio, era pure lui un arraffatore di cosette da poco. Con dadi e sottane mi
son procurato questa bardatura, e il mio guadagno si basa su imbrogliucci
fatti agli sciocchi. La strada maestra no; là comandano forca e bastone, ed io
ho troppa paura di finire bastonato o impiccato: quanto all’altra vita, ci dormo
su e non ci penso. Ma arriva un pollo, un pollo!
Entra il contadino.