Page 669 - Shakespeare - Vol. 4
P. 669
e quel che la riguarda, con quel che segue poi,
è il mio argomento. Se mai avete trascorso
tempo peggior di questo, concedetelo;
se non è stato così, consentite che il Tempo stesso
v’auguri di cuore di non averlo mai.
Esce.
Scena II EN
Entrano Polissene e Camillo.
POLISSENE
Ti prego, buon Camillo, non insistere: negarti qualcosa mi fa male; ma
concederti questo sarebbe la mia morte.
CAMILLO
Son quindici anni che non rivedo la mia patria, e anche se così a lungo ho
respirato aria straniera, ora desidero deporre là le mie ossa. Inoltre, il re
penitente, mio padrone, mi ha mandato a chiamare; e forse io (se non
presumo troppo) potrei alleviare un po’ i suoi dolori, e questo per me è un
altro pungolo a partire.
POLISSENE
Per l’amore che hai per me, Camillo, non buttar via il resto dei tuoi servizi
abbandonandomi ora: il bisogno che ho di te è stato creato dalle tue capacità
e sarebbe meglio non averti avuto affatto, se ora mi lasci così. Tu hai avviato
affari dei quali nessuno senza il tuo consiglio saprebbe occuparsi, devi perciò
restare per concluderli, o portar via con te i servizi compiuti; che se io non ho
ricompensato abbastanza (e non potrei mai farlo), farò ora il possibile per
dimostrarti la mia gratitudine, e a mio vantaggio ci sarà l’accumulo del tuo
devoto servizio. Di quella terra fatale, la Sicilia, ti prego, non parlarmi più. Al
solo nominarla m’affligge il ricordo di mio fratello il re penitente (come l’hai
chiamato) e riconciliato, e la perdita della sua incomparabile regina e dei figli,
dolorosa oggi come allora. Dimmi, quando hai veduto il principe Florizel, mio
figlio? Non sono meno infelici i regnanti che hanno figli scapestrati di quelli
che li hanno persi dopo che han dato prova di buone qualità.