Page 602 - Shakespeare - Vol. 4
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ancora  di  più  ci  porta  a  pensare  che  le  coincidenze,  la  predilezione  per  le
          trame fantastiche e avventurose, la malinconia, i lieti fini, tra il tramonto a
          pastello,  il  lume  di  candela  e  il  linguaggio  che  è  quasi  un  dialetto  da
          palcoscenico,  facciano  parte  di  una  tendenza  a  un  manierismo  post-

          rinascimentale  anche  in  letteratura.  L’architettura  di  quegli  anni  stava
          trasgredendo  tutte  le  regole  del  rinascimento  e  la  migliore  pittura  era  di
          rivoluzionari nevrotici come Caravaggio e El Greco. Un’altra coincidenza è che
          in The  Winter’s  Tale  sia nominato Giulio Romano, il primo manierista post-

          raffaellita  nelle  cui  esagerate  e  contorte  muscolature  del  corpo  umano
          Shakespeare e i suoi contemporanei vedevano un perfetto realismo. Anche il
          realismo,  anzi  soprattutto  il  realismo,  è  «nell’occhio  di  chi  guarda»,  ma  la
          novità  in  arte  e  letteratura  ha  sempre  avuto  un  significato  di  rifiuto  delle

          posizioni della generazione precedente. Di tutto questo dovevano essersi resi
          conto  negli  stessi  anni  Shakespeare  e  Cervantes,  che  eran  tornati  a  fiabe
          elegiache d’«illusione intermedia».





          Testo

          Questa  traduzione  segue  l’edizione  curata  da  J.H.P.  Pafford  per  The  Arden
          Shakespeare, London-New York, Methuen, 1986, che riproduce, con ortografia

          modernizzata, il testo pubblicato nell’in-folio del 1623.




          Personaggi.


          L’elenco  appare,  in  forma  imperfetta,  nell’in-folio  del  1623,  e  fu  poi
          perfezionato nel 1709 da Nicholas Rowe.



                                                                                           DEMETRIO VITTORINI




          Bibliografia per «Il racconto d’inverno»



          TESTO

          Si  segnala  l’edizione  curata  da  J.H.P.  Pafford  per  The  Arden  Shakespeare,
          London-New  York,  Methuen,  1986,  che  riproduce,  con  ortografia
          modernizzata, il testo pubblicato nell’in-folio del 1623.
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