Page 596 - Shakespeare - Vol. 4
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Garinter, muore. Intanto Fawnia, figlioletta di Bellaria, è abbandonata su una
          barchetta alla deriva, e giunge per caso nell’arcadica Sicilia dove è allevata
          da un vecchio pastore e poi amata da Dorastus, figlio di re Egisto. Dorastus e
          Fawnia  fuggono  l’ira  di  Egisto  con  l’aiuto  di  Capnio,  fedele  servitore  di

          Dorastus,  e  sbarcano  in  Boemia  dove,  prima  di  scoprire  la  vera  identità  di
          Fawnia,  Pandosto  concepisce  per  lei  una  passione  incestuosa.  Quando  la
          verità è rivelata e il tempo ha trionfato, Pandosto penitente si uccide.
          Shakespeare prese la storia e la situazione, cambiò il nome dei personaggi

          (Mamillio  viene  da  un’altra  opera  del  Greene,  la  maggior  parte  degli  altri
          nomi  vengono  dalle Vite di  Plutarco)  e  invertì  la  geografia  dell’azione:  è
          Leonte,  re  di  Sicilia,  che  soffre  di  gelosia  improvvisa  e  paranoica  e  accusa
          ingiustamente la moglie Ermione, mentre è in Boemia che è ambientata la

          parte  pastorale  e  arcadica,  con  gli  amori  di  Florizel  (Dorastus)  e  Perdita
          (Fawnia). Franion e Capnio sono combinati nel personaggio di Camillo, inoltre
          Shakespeare introduce i nuovi personaggi di Paolina, confidente di Ermione,
          Antigono vecchio cortigiano marito di Paolina, l’orso che fa convenientemente

          morire Antigono, e, per effetti comici, Contadino, figlio del vecchio pastore e
          Autolico,  il  furfante  canterino,  più  altri  personaggi  minori  e  comparse  che
          narrano sul finale parte dell’azione fuori-scena. Shakespeare taglia anche le
          parti cupe e sinistre del romanzo, come il desiderio incestuoso del re malato

          per la figlia e il suicidio finale, e ci dà un più completo lieto fine col perdono
          del  penitente  e  perfino  una  resurrezione.  Ma  dal  linguaggio  usato,  parole,
          frasi e dialoghi presi in prestito, è chiaro che Shakespeare teneva un occhio
          sul      Pandosto mentre  componeva  la  sua  pur  originalissima  opera,

          completamente  dimentico  o  immunizzato  dall’accusa  e  dall’insulto  che  il
          Greene  gli  aveva  lanciato  quasi  vent’anni  prima.  Anche  per  Autolico,  un
          personaggio  che  non  esiste  nel Pandosto,  Shakespeare  fece  ricorso  al
          Greene;  questa  volta  ai  diversi  opuscoli  che  il  prolifico  scrittore  aveva

          prodotto  sull’argomento  del Cony-Catching, cioè  su  «come  abbindolare  i
          gonzi». Si trattava di opuscoli divertenti e divertiti in cui l’autore descriveva i
          vari metodi e trucchi messi in scena da ladri e furfanti (alle fiere, ai mercati,
          nei  teatri  ecc.)  per  impadronirsi  della  borsa  degli  onesti  e  poco  sospettosi

          cittadini.
          Per  la  scena  pastorale  del IV  Atto,  la  festa  per  la  tosatura  delle  pecore,
          Shakespeare  s’ispirò  molto  probabilmente  alla  traduzione  inglese  fatta  da
          Angel Day (pubblicata nel 1587) della Storia di Dafni e Cloe, che è anche una

          delle  fonti  del Pandosto.  E,  di  fonte  in  fonte,  è  impossibile  non  ricordare
          quanto  la  storia  di  Ermione  abbia  in  comune  con  quella  della  paziente
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