Page 595 - Shakespeare - Vol. 4
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Henry VIII, tutti drammi con i quali The Winter’s Tale  presenta grandi affinità
          di linguaggio e struttura. Forman fu particolarmente colpito dal personaggio
          del  furfante  Autolico,  la  cui  descrizione  occupa  un  buon  terzo  della  sua
          sinopsi. Nel dramma shakespeariano Autolico si dice concepito sotto l’influsso

          di Mercurio, protettore dei ladri − nel mito antico era figlio di Mercurio − e
          Forman annota anche che il 15 maggio 1611 era un mercoledì, disegnando
          nel suo diario il simbolo astrologico di Mercurio.
          The  Winter’s  Tale  è  un  classico  esempio  di  adattamento  di  un  romanzo  in

          spettacolo popolare, una pratica comune nel periodo elisabettiano come nella
          nostra epoca, con vari gradi di successo o insuccesso. Abbiamo molti esempi
          oggi di ottimi spettacoli derivati da romanzi mediocri o brutti e, viceversa, di
          buoni  libri  volgarizzati  e  degradati  in  orrendi  spettacoli.  Raro,  oggi  come

          allora, è che sia la fonte che lo spettacolo siano di pari merito, nei loro generi
          diversi, ed entrambi incontrino il favore del pubblico.
          La  fonte  di  Shakespeare  è Pandosto.  The  Triumph  of  Time ,  un  romanzo
          d’intrigo  e  d’avventura,  di  autore  brillante  e  colto  che  s’indirizzava  a  un

          pubblico colto o relativamente colto. La data di pubblicazione era il 1588 e
          l’autore Robert Greene, uno di quegli University Wits che rifondarono il teatro
          inglese  pre-shakespeariano  e  che  dal  letto  di  morte,  nel  1592,  lanciò  un
          famoso  attacco  al  giovane  attore-autore  Shakespeare,  chiamandolo Shake-

          scene (Scuotiscena)  e  accusandolo  di  «farsi  bello  delle  penne  altrui».
          Pandosto fu sicuramente un romanzo di successo. Dopo l’edizione del 1588 ne
          conobbe  altre  quattro  prima  del  1611  e  doveva  vederne  almeno  altre
          diciassette prima della fine del secolo diciassettesimo. Oggi lo chiameremmo

          un best-seller. Vale la pena di ricordare che il diritto d’autore e il concetto di
          plagio erano molto diversi allora da oggi. Le storie appartenevano a tutti e
          ogni autore aveva il diritto di gareggiare con gli altri a riraccontarla nel modo
          che a lui sembrava migliore o di riadattarla in altro genere, per altro pubblico,

          in altra lingua o per altra generazione.
          Nel romanzo del Greene, Pandosto è il re di Boemia che, insieme alla moglie
          Bellaria,  intrattiene  il  suo  vecchio  amico  Egisto,  re  di  Sicilia.  Pandosto
          sospetta  una  relazione  tra  Egisto  e  Bellaria  e  diventa  geloso,  non

          all’improvviso come il Leonte di Shakespeare, ma lentamente e con un certo
          fondamento, poiché Bellaria, anche se innocente, non è del tutto prudente e
          discreta. Franion, coppiere reale, promette a Pandosto di avvelenare Egisto,
          ma  dopo  una  lunga  riflessione  sulle  conseguenze  del  regicidio,  decide  di

          avvertire Egisto e fuggire con lui in Sicilia. Bellaria è accusata di tradimento,
          s’appella all’oracolo che la scagiona, ma nell’apprendere la morte del figlio
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