Page 249 - Shakespeare - Vol. 4
P. 249

Edwards,  è  più  forte,  pur  se  ellittico,  il  senso  della  lezione  originaria,  stando  a  indicare  un
                 mescolamento di generazioni, un “fuori tempo” che è costitutivo del rapporto incestuoso.
              45 I, i, 131 Come la vipera: cfr. nota 27.

              46 I, i, 132 Per una simile contaminazione, pur non propriamente incestuosa  trattandosi  del  rapporto
                 tra la madre e lo zio, si vedano le parole di Amleto in III, iv.
              47 I, i, 144-160 Sono versi evidentemente irregolari, non rispettando se non in qualche caso la misura
                 del pentametro giambico. Altro segno di errore nella trascrizione del testo originale.
              48 I,  i,  167  Uno  dei  tipici  anacronismi  dei  drammaturghi  elisabettiani  che  non  esitavano  a  immettere
                 oggetti e strumenti “moderni” in storie antiche: qui è il caso della pistola.
              49 I, i, 171 Battuta che ricorda analoghe parole del re Claudio a proposito di Amleto. E anche ai vv.
                 111  e  seguenti,  nella  sua  dissimulazione  con  Pericle,  il  discorso  di  Antioco  sembra  riproporre,
                 soprattutto nell’uso della sintassi obliqua, lo stile di Claudio (cfr.  Amleto, I,  ii,  1-7).  Rassomiglianze
                 che  costituiscono  ulteriori  segni  della  mano  di  Shakespeare  in  queste  prime  scene,  pur  così
                 deteriorate dalla cattiva trasmissione del testo.
              50 I, ii Scena confusa sia per le entrate e le uscite dei personaggi che per la stessa logica dell’azione.
                 Evidentemente trascritta male, costituisce uno dei punti più corrotti del dramma. L’azione si svolge a
                 Tiro, la città di Pericle, dove egli è tornato fuggendo da Antiochia. L’in-quarto del 1609 non presenta
                 didascalie. Quelle che ci sono furono aggiunte nel terzo in-folio e in edizioni successive.

              51 I, ii, 1-33 Malgrado l’approssimazione con cui questo monologo fu trascritto, si coglie in esso la tipica
                 capacità shakespeariana di rappresentare il turbamento dell’eroe, l’accavallarsi delle sue riflessioni ed
                 emozioni (come, ad esempio, nel monologo di Bruto in Giulio Cesare, II, i).
              52 I, ii, 8 Si confronti il proverbio riportato da Tilley: «Kings have long arms».

              53 I, ii, 10 Antioco, ovviamente.
              54 I,  ii,  12 misdread: parola non registrata altrove dai dizionari, che si presenta evidentemente come
                 una intensificazione di dread.
              55 I,  ii,  25  La  lezione  dell’in-quarto  è  un  incongruo the  stint (limite,  porzione,  o,  congetturalmente,
                 freno, blocco), emendata da Malone e poi da tutte le edizioni moderne con la lezione th’ostent o the
                 ostent.

              56 I, ii, 26 amazement: qui nel senso, registrato anche altrove in Shakespeare, di stupore atterrito.
              57 I, ii, 33 Pericle è principe giusto, che si cura del suo popolo più che di se stesso, ed è, in questo,
                 simile appunto a Bruto nel suo già citato monologo del Giulio Cesare.
              58 I,  ii,  35-36  Come  fa  notare  Edwards,  queste  battute  sembrano  fuori  posto.  In  particolare,  è
                 incongruo  che  il  secondo  signore  auguri  una  buona  partenza  a  Pericle  a  questo  punto,  quando
                 ancora nulla è stato da lui deciso.

              59 I, ii, 41 blast: l’in-quarto ripete incongruamente lo sparke del verso precedente, con evidente errore
                 del  trascrittore  o  dello  stampatore.  L’emendamento blast è  accettato  da  molte  edizioni  moderne,
                 mentre  altre  preferiscono  l’affine wind.  Ma blast si  ricollega  meglio  all’immagine  del  mantice  ed  è
                 metafora più congrua per l’adulazione.
              60 I, ii, 38-47 Tutta questa tirata di Elicano contro l’adulazione − un  topos shakespeariano, d’altronde
                 −  non  pare  affatto  commisurata  alle  poche  parole  cerimoniose  dette  dai  due  signori.  È  un  altro
                 segno della trascrizione scorretta del testo originale.

              61 I, ii, 50-64 Tutto questo scambio di battute rientra in un’altra situazione tipica di Shakespeare, quella
                 in  cui  un  re  o  un  principe  finge  con  un  nobile  o  un  consigliere  del  suo  regno  al  fine  di  appurarne
                 l’onestà e la mancanza di adulazione. Esemplare, in questo senso, la scena tra Malcolm e Macduff
                 in Macbeth, IV, iii.
   244   245   246   247   248   249   250   251   252   253   254