Page 247 - Shakespeare - Vol. 4
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14 I, 40 Le teste probabilmente apparivano sulla balconata del teatro, che stava a rappresentare le
                 mura del castello di Antiochia.
              15 I, 42 Esaurita la sua funzione di prologo, Gower lascia che la storia si racconti da sé, teatralmente,
                 affidata agli attori che possono meglio rappresentarla, farla apparire credibile, agirla come vita. Così,
                 seguendo le indicazioni di Philip Edwards, mi sembra che si possano interpretare questi versi forse
                 registrati malamente e quindi dal senso controverso.
              16 I, i La scena si colloca verosimilmente nel palazzo del re, ad Antiochia.
              17 I,  i,  9-12  Passo  ellittico  e  piuttosto  goffo,  dovuto  probabilmente  a  cattiva  trascrizione.  Il  senso,
                 comunque, è sufficientemente chiaro: da quando la figlia di Antioco fu concepita e fino al momento
                 della  sua  nascita  −  dunque  nel  periodo  della  gestazione  che  è  il  regno  di  Lucina,  altro  nome  di
                 Giunone  o  Diana,  dee  che  presiedevano  alle  nascite  −  la  Natura  volle  che  ogni  congiuntura
                 astrologica  fosse  propizia  alla  nascitura  facendone  un  paradigma  di  perfezione.  Tale  paradigma
                 risulta ironico perché il pubblico già sa del rapporto incestuoso tra padre e figlia, e conosce quindi la
                 corruzione di lei.

              18 I, i, 13-19 Pericle, che naturalmente non sa dell’incesto, della corruzione del re e della figlia, accoglie
                 la giovane come quell’esempio di perfezione che Antioco aveva appena descritto.

              19 I, i, 26 Antioco interviene verosimilmente per arrestare questa iperbolica ondata di passione, che gli
                 pare poter costituire un pericolo maggiore del consueto per il vincolo incestuoso che lo lega alla figlia.

              20 I, i, 28 Cioè una delle figlie di Espero nel cui giardino, presso il paese degli Iperborei, crescevano le
                 mele d’oro custodite da un drago e delle quali si impossessò Ercole nella sua undicesima fatica. La
                 figlia, vista da Antioco come una Esperide, diventa, nella metafora, il melo stesso dai frutti d’oro,
                 con un evidente collegamento all’immagine dell’“albero celeste” appena usata da Pericle al v. 22.
              21 I,  i,  34  Il  passo  è  certamente  corrotto,  come  attesta  la  sintassi  faticosa,  ma  il  senso  risulta
                 sufficientemente chiaro. − heap: qui sta a significare “corpo”.
              22 I,  i,  35  Come  già  Gower  al  v.  40  del  suo  prologo,  Antioco  indica  le  teste  dei  principi  caduti
                 nell’impresa d’amore.
              23 I,  i,  47  Anche  questo  passo  appare  corrotto,  e  tuttavia  lascia  trasparire  una  tipica  immagine
                 shakespeariana di memento mori.
              24 I, i, 48-50 Ancora un passo contorto sintatticamente e quindi con tutta probabilità corrotto.

              25 I, i, 54 Qui Pericle si rivolge alla figlia di Antioco.
              26 I,  i,  57 conclusion nel  senso  di  enigma  è  un  arcaismo  ricavato  proprio  dalla Confessio  Amantis di
                 Gower.
              27 I, i, 61 In questa battuta, come nella successiva di Pericle, echeggiano modi della prova degli scrigni
                 nel Mercante  di  Venezia,  e  più  precisamente  del  momento  decisivo  in  cui  Bassanio  si  accinge  a
                 risolvere l’enigma e Porzia, già di lui innamorata, gli augura di riuscire. Anche per questa somiglianza
                 di situazione, si può ipotizzare che la figlia di Antioco sia stata colpita da Pericle e desideri davvero
                 che egli abbia successo.
              28 I, i, 66 Era credenza antica, risalente addirittura a Erodoto, che i figli della vipera, al momento della
                 nascita, si facessero strada mangiando la carne della madre.
              29 I,  i,  71  Come  annota  Hoeniger,  l’unico  senso  che  si  può  ricavare  da  queste  parole  è  che  i  due
                 rappresentano tante persone, tanti ruoli (figlio, figlia, padre, madre, marito, moglie), eppure sono
                 soltanto due.  L’enigma,  piuttosto  ingenuo,  conserverebbe  un  qualche  mistero  solo  in  questa
                 formulazione ellittica.

              30 I,  i,  74  Metafora  delle  stelle  che  guardano  lo  spettacolo  umano  (e  lo  commentano,  e  quindi  lo
                 giudicano, come nel sonetto 15).
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