Page 1755 - Shakespeare - Vol. 4
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pratica del duello, al quale in Francia si ricorreva al minimo pretesto.

              22 I,  iv, didascalia  La  scena  si  sposta  nella  sala  dei  banchetti  di  York  Place,  fastosa  residenza  di
                 Wolsey,  non  lungi  dal  palazzo  reale.  Anna  Bolena  (1507-1536),  vissuta  a  corte  tutta  la  sua  vita,
                 prima a Parigi, nella fanciullezza, e dal 1522 a Londra come damigella d’onore della Regina, sapeva
                 giocare assai bene le sue carte. Non sappiamo quando il Re s’innamorò di lei. Forse, tra il 1526 e il
                 1527. Certo è che Wolsey, per ordine di Enrico, riuscì ad impedirne le nozze con Lord Henry Percy,
                 uno dei grandi del regno, e che ella seppe tenere il sovrano sulla corda per anni; e che la passione
                 del Re contribuì a precipitare la decisione di annullare l’unione con Caterina. Il matrimonio segreto dei
                 due  amanti  fu  celebrato  il  25  gennaio  1533.  Il  7  settembre  venne  alla  luce  Elisabetta.  Ma  il  Re
                 rimase frustrato nelle sue aspettative di un figlio maschio e si stancò presto di lei − che per parte
                 sua  aveva  fatto  molto  per  alienarsi  le  simpatie  della  corte.  Accusata,  probabilmente  a  torto,  di
                 adulterio  e  sinanco  di  incesto,  fu  subito  processata  e  decapitata  (1536):  vittima  di  una  camarilla
                 capeggiata  dall’ormai  onnipotente  Thomas  Cromwell.  Dopo  pochi  giorni,  il  Re  convolava  a  nuove
                 nozze con Jane Seymour. Secondo i cronisti, o quantomeno secondo Holinshed, fu solo nel 1529
                 che Wolsey apprese dell’attaccamento del Re per Anna, all’epoca del processo alla Regina Caterina.
                 Nel dramma, questo primo incontro tra i due − di invenzione del poeta − ha la funzione di gettare
                 più che un’ombra di ragionevole dubbio sugli scrupoli di coscienza esibiti da Enrico in II, iv.
                 Sir Henry Guilford era un amico personale del sovrano. Le sue simpatie andavano però alla Regina.
                 Per questo Anna, salita al trono, lo costrinse a lasciare la corte.
              23 I,  iv, didascalia  dopo  il  v.  49  Le  salve  di  artiglieria  risultarono  fatali  al  “Globe”,  il  teatro  a  pianta
                 ottagonale che la compagnia di Shakespeare aveva costruito nel 1599 sulla riva destra del Tamigi,
                 nel quartiere di Southwark. Del materiale infiammabile usato per innescare le salve finì sul tetto di
                 paglia dell’edificio che, tutto costruito in legno, ne fu incenerito in meno d’un’ora − fortunatamente
                 senza  vittime  umane.  Di  quest’evento  esistono  diverse  testimonianze,  di  cui  la  più  nota  è  una
                 lettera  di  Sir  Henry  Wotton,  eminente  diplomatico  e  uomo  di  lettere.  «Così  si  compì  il  destino  di
                 quella  nobile  costruzione»  −  commenta  il  Wotton  −  «purtuttavia  null’altro  ebbe  a  perire  se  non
                 legno  e  paglia,  e  qualche  mantello  abbandonato  nella  fuga;  soltanto  a  un  tale  presero  fuoco  le
                 brache, che lo avrebbero forse rosolato ben bene, se la levata d’ingegno di un provvido soccorritore
                 non  avesse  estinto  le  fiamme  con  un  boccale  di  birra.»  Il  “Globe”  verrà  ricostruito  nel  giro  di  un
                 anno − con un tetto di tegole, stavolta − e Shakespeare, da tempo ritiratosi a Stratford, ne lasciò
                 la direzione a Fletcher. Verrà demolito dall’amministrazione puritana nel 1644, dopo la chiusura dei
                 teatri.
              24 II,  i, didascalia  La  scena  è  una  strada  di  Londra,  ma  dicerie  e  commenti  sui  fatti  del  giorno  non
                 vengono  da  esponenti  del  popolo  minuto  −  come  sovente  avviene  in  Shakespeare  −  bensì  da
                 Gentiluomini della corte. Come dire, “da ambienti solitamente bene informati”. La “gente del popolo”
                 compare in scena solo per fare ala, folla ammutolita, al passaggio di Buckingham tra gli alabardieri,
                 ed ascoltare in silenzio il suo commiato dal mondo. Ritroverà la voce − e che voce! − solo nella
                 penultima scena del dramma.
              25 II, i, 2 Per «Alta Corte» (the Hall) s’intende Westminster Hall, la gran sala dei banchetti della reggia
                 di Westminster, destinata a divenire il teatro di grandi processi di stato, tra cui, dopo Buckingham,
                 quelli di Tommaso Moro e di Anna Bolena, e più tardi, al tempo della guerra civile, i processi al Conte
                 di Strafford e a Re Carlo I.

              26 II, i, 44 Il Conte di Surrey e il Duca di Norfolk sono la stessa persona, Thomas Howard figlio (vedi
                 nota 4). Era molto legato a Buckingham, di cui aveva sposato la figlia. E proprio per allontanarlo
                 dalla  corte  Wolsey  l’aveva  fatto  nominare,  nel  1520,  viceré  d’Irlanda,  dopo  aver  ottenuto  la
                 destituzione  del  Conte  di  Kildare,  capo  del  potente  clan  dei  Fitzgerald,  falsamente  accusato  di
                 corruzione.

              27 II, i, 96 Su Sir Nicholas Vaux, come su altri baronetti che figurano per pochi istanti nel dramma,
                 come Guilford e Denny, non possediamo profili biografici degni di nota. Anche in Holinshed essi sono
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