Page 1752 - Shakespeare - Vol. 4
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sanzionare  il  nuovo  ruolo  internazionale  dell’Inghilterra  e  la  politica  di  prestigio  di  cui  Wolsey  si  era
                 fatto promotore. Quella del Drappo d’Oro non è una competizione fra eguali: i sudditi di Enrico sono
                 3 milioni, quelli del Re di Francia 14.
               6 I,  i,  38  Il  nome  italiano  di  Bevis  of  Hamtoun  (Southampton),  cavaliere  sassone  protagonista  di
                 mirabolanti imprese, in ballate e romanzi cavallereschi medievali, e recentemente evocato nei ritmi
                 sognanti del Poly-Olbion di Michael Drayton (1613).
               7 I, i, 51 Il Cardinale di York è Thomas Wolsey (1475-1530), dominatore, dentro e fuori la scena, dei
                 primi tre atti del dramma. Di modeste origini sociali (era figlio di un beccaio e allevatore di Ipswich −
                 come ricorderà, sprezzante, Buckingham) aveva studiato ad Oxford e già nel 1507 era entrato alla
                 corte  di  Enrico VII in qualità di cappellano. Creato elemosiniere del Re all’avvento di Enrico VIII,  il
                 suo acume politico e la sua infaticabile energia gli conquistarono in breve la piena fiducia del sovrano.
                 Su  raccomandazione  di  quest’ultimo,  Papa  Leone X  lo  nominò  Arcivescovo  di  York  nel  1514,
                 cardinale l’anno successivo e, nel 1518, suo legato permanente alla corte inglese: funzione questa
                 che gli consentiva l’uso e l’abuso di vastissimi poteri e la gestione di un immenso patrimonio (nel giro
                 di pochi anni Wolsey avocherà a sé le grandi sedi vescovili di Bath, Wells, Durham e Winchester −
                 con le relative prebende − nonché l’Abbazia di St. Albans, la più ricca del paese). Per parte sua il
                 Re,  creandolo  Cancelliere  nel  1516,  gli  affidava  virtualmente  l’intero  apparato  dello  stato  e  la
                 conduzione  di  una  politica  estera  estremamente  ambiziosa.  Il  grande  disegno  di  Wolsey  fu  di
                 mettere la monarchia ereditata da Enrico VII − che in lunghi anni di regno aveva saputo gettare le
                 basi  di  uno  stato  moderno  −  al  centro  di  una  politica  di  equilibrio  europeo  e  di  intervento,  anche
                 militare, nelle questioni del Continente. Nel conflitto fra la Francia di Francesco I e l’Impero di Carlo V
                 che si contendevano l’egemonia sull’Italia e il controllo del Papato, il giovane regno inglese intendeva
                 proporsi come ago della bilancia; e se alla morte di Massimiliano I (1519) Enrico si era illuso di poter
                 essere  eletto  imperatore,  la  grande  illusione  di  Wolsey  fu  quella  di  una  possibile  ascesa  al  soglio
                 papale. Con l’elezione imperiale di Carlo V, tuttavia, e l’avvenuta saldatura fra i suoi domini di Spagna
                 e d’Austria, non c’era più posto in Europa per potenze minori; e dopo la sconfitta di Francesco I a
                 Pavia  (1525),  il  sacco  di  Roma  da  parte  degli  imperiali  (1527)  e  la  pace  tra  Francia  e  Impero,
                 l’Inghilterra − isolata sul piano diplomatico − si trovò a pagare i costi della sua politica di prestigio. E
                 Wolsey, da sempre inviso ai nobili come al popolo minuto per la sua fastosa ostentazione di potere,
                 fu  il  primo  a  pagare.  La  causa  immediata  della  sua  caduta  fu  tuttavia  il  mancato  annullamento
                 dell’unione  tra  il  Re  e  Caterina  d’Aragona,  che  il  Cardinale  non  era  riuscito  a  ottenere  da  Papa
                 Clemente VII,  dopo  anni  di  negoziati  complessi  e  difficili,  avviati  a  partire  dal  1527:  un  nodo
                 insolubile,  che  avrebbe  portato  alla  rottura  con  Roma  e  alla  vittoria  del  protestantesimo  in
                 Inghilterra, nonostante la devozione del Re alla Chiesa e all’ortodossia. Destituito da ogni carica nel
                 1529 e relegato nella sua sede originaria di York, fu richiamato a Londra nel 1530 per difendersi da
                 accuse di tradimento. Morì nell’Abbazia di Leicester durante il tragitto.
               8 I, i, 177 Caterina d’Aragona era sorella di Giovanna la Pazza, madre di Carlo V: la cui visita ufficiale
                 ebbe luogo nel maggio 1520, appena prima dell’incontro fra Enrico e Francesco I. Qui, come in altri
                 passi consimili, Shakespeare segue da vicino Holinshed.
               9 I,  i didascalia dopo il v. 197 Secondo le cronache l’arresto fu eseguito nell’aprile 1521 da Sir Henry
                 Marney, comandante la guardia del corpo del Re. L’identificazione di Brandon rimane incerta, anche
                 se Charles Brandon è il nome del Duca di Suffolk, che compare più avanti nel dramma.

              10 I,  i,  219  Lord  Montacute  è  Henry  Pole  (1492-1539),  genero  di  Abergavenny:  in  quest’occasione
                 ottenne il perdono, ma fu poi giustiziato per tradimento nel 1539. John de la Car, alias de la Court, e
                 Sir Gilbert Perk sono anch’essi citati da Holinshed, con un errore di trascrizione nel caso di Perk, che
                 sta per clerk (lett. ‘chierico’): il cancelliere del Duca era un tal Robert Gilbert.
              11 I, i, 221 Nicholas Hopkins è la stessa persona che nella scena seguente viene chiamata Nicholas
                 Henton,  cioè  Nicholas  di  Henton,  dal  nome  del  monastero  di  appartenenza,  situato  nei  pressi  di
                 Bristol.
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