Page 1751 - Shakespeare - Vol. 4
P. 1751
Note
1 Prologo Il Prologo, impersonato di regola da un attore paludato in un mantello di velluto nero, figura
di rado nel dramma shakespeariano: lo troviamo soltanto in Romeo e Giulietta, sotto forma di
sonetto, in Enrico IV, parte seconda, Enrico V, Troilo e Cressida e Pericle principe di Tiro. La sua
funzione è di portarci in medias res, nel cuore del dramma, con riferimenti precisi a contenuti e temi
centrali al dramma stesso. Qui siamo parzialmente fuori tema: si promette, con tutta la gravità del
caso, una veridica e lacrimevole storia sulla caduta dei potenti, e nulla fa presagire il ravvedimento
dei Cattivi o la vittoria dei Buoni, né il tripudio di gioia delle scene finali, con la promessa di un futuro
radioso per l’intera nazione. C’è chi a suo tempo volle attribuire il Prologo alla penna di Ben Jonson,
sempre derisorio e polemico nei confronti degli autori che non riscuotono la sua approvazione, e
tutt’altro che alieno dal fare il contropelo agli spettatori; e c’è chi l’ha attribuito a Fletcher, che invece
sapeva come accattivarseli. Tanto più che a Fletcher si attribuisce il Prologo de I due nobili cugini,
scritto in collaborazione con Shakespeare e messo in scena nello stesso anno.
2 Prologo, 16 Allusione polemica al già citato dramma di Rowley, in cui hanno ruoli di primo piano i
clowns Patch (il servo-buffone di Wolsey) e Will Summers (quello del Re), e in cui il Re stesso,
frequentatore sotto mentite spoglie dei bassifondi londinesi (come già lo scapestrato principe Hal
nell’Enrico IV), si lascia coinvolgere in risse e in un farsesco duello col masnadiero Black Will, finendo
anche in prigione.
3 Prologo, 22 Gioco di parole. Understanding vuol dire ‘dotato di discernimento critico’, ma anche ‘colui
che stands under’, cioè lo spettatore della platea, dove soleva accalcarsi il pubblico di bocca buona:
tra cui «i giovinastri che fan baccano a teatro, e si accapigliano per qualche mela morsicata» evocati
dal Guardaportone nella penultima scena.
4 I, i, didascalia La scena, come le due seguenti, è ambientata nel Palazzo Reale di Westminster. Il
Duca di Norfolk, Thomas Howard (1473-1554) − diverrà anche Conte di Surrey alla morte del padre
− fu un abile comandante di forze di terra e di mare al tempo dello storico incontro fra Enrico e
Francesco I. Era il capo della potente consorteria nobiliare che si opponeva allo strapotere di
Wolsey. Dopo la caduta di costui divenne (1529) presidente del Consiglio della Corona. Zio di Anna
Bolena, si adoperò a favorirne le nozze col Re, ma toccò a lui presiedere al processo e
all’esecuzione di lei (1536). Anche Catherine Howard, quinta moglie di Enrico, era sua nipote.
Continuò a ricoprire alte cariche di stato anche durante la seconda fase del regno di Enrico,
cercando di contrastare la crescente influenza di Cromwell e di Cranmer. Il Duca di Buckingham è
Edward Stafford (1478-1521): discendente di Edoardo III e Gran Connestabile, e possessore
d’immense ricchezze, anch’egli detentore di alte cariche sin dagl’inizi del regno, era tuttavia temuto
da Enrico come potenziale aspirante alla corona. L’ostilità di Wolsey contribuì alla sua caduta.
Accusato di tradimento (non sappiamo se a torto o a ragione) fu processato e, in capo a un mese,
mandato sul patibolo. Lord Abergavenny è George Neville (1461-1535) esponente di una delle
grandi famiglie del regno e imparentato con Buckingham. Incarcerato alla caduta di quest’ultimo. Il
grande raduno del Campo del Drappo d’Oro ebbe luogo tra il maggio e il giugno del 1520:
Buckingham vi prese parte, al seguito di Wolsey, non così Norfolk − contrariamente a quanto
avviene nel dramma. L’arresto di Buckingham ebbe luogo nell’aprile 1521. Come sempre, a fini di
efficacia drammatica, Shakespeare si concede qualche libertà con la storia, e soprattutto stringe i
tempi dell’azione.
5 I, i, 7 La piana di Andren, in Piccardia, poche miglia a sud di Calais, segnava la linea di demarcazione
fra questo residuo possedimento inglese e il Regno di Francia, di cui Guines e Ardres erano i rispettivi
avamposti. L’incontro fra i due sovrani, che portò ad un effimero trattato di pace, avrebbe dovuto