Page 1575 - Shakespeare - Vol. 4
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GRIFFITH
È morto bene, corre voce, signora.
Dopo che il ferreo Conte di Northumberland
l’ebbe arrestato a York e l’ebbe condotto con sé
per rispondere di assai gravi imputazioni,
d’un tratto egli cadde malato, e s’aggravò a tal punto
da non poter cavalcare la sua mula.
CATERINA
Ahimè, pover’uomo!
GRIFFITH
Alfine, a piccole tappe, riuscì ad arrivare a Leicester,
e prese alloggio nell’abbazia, dove il reverendo abate,
con tutto il suo convento, gli dette onorata accoglienza.
A lui si rivolse con queste parole: “O padre abate,
un vecchio, schiantato dalle tempeste di governo,
è venuto a deporre fra voi le stanche ossa.
Dategli, per carità, un pezzetto di terra”.
Quindi andò a letto, dove la sua ostinata malattia
lo incalzò senza tregua; e tre notti dopo,
all’incirca alle otto, esattamente l’ora ch’egli stesso
aveva predetto per la propria fine, pieno di contrizione,
meditazioni incessanti, lacrime e rimpianti,
restituì al mondo i suoi onori,
e al cielo la sua parte immortale, e riposò in pace.
CATERINA
Riposi dunque in pace, e non gli pesino le sue colpe.
Ma mi concederai, Griffith, di parlarti di lui,
sia pure con indulgenza. Egli era un uomo
di sconfinata superbia, eternamente bramoso
di competer coi prìncipi: uno che a forza di trame
aveva avviluppato tutto il regno. La simonia per lui era cosa lecita,
la sua opinione era legge. Al cospetto del Re
non esitava a mentire, con un’eterna duplicità
di parola e intenzioni. Mai dimostrò compassione,
se non quando intendeva rovinare qualcuno.