Page 113 - Shakespeare - Vol. 4
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ATTO V EN
Entra Gower.
GOWER 339
Così Marina scampa al bordello e càpita
in una casa onesta, la nostra storia dice.
Canta come un’immortale e danza
simile a una dea sulle sue ammirate melodie.
Ammutolisce i dotti chierici, e con l’ago compone
le forme stesse di Natura, bocciolo, uccello, ramo o bacca,
al punto che l’arte sua eguaglia le naturali rose;
il suo filo di lino, o di seta, fa la gemella
della ciliegia vermiglia; 340 cosicché non le mancano
allieve di nobile stirpe, che su di lei versano
ogni munificenza, ed ella dà il suo guadagno
alla dannata mezzana. Qui collochiamola dunque, 341
e di nuovo a suo padre volgiamo i nostri pensieri,
al punto in cui lo lasciammo sul mare. Lì lo perdemmo, 342
donde, sospinto dai venti, egli è arrivato
qui, dove vive sua figlia; e su questa costa
immaginatelo ora ancorato. La città era tutta in subbuglio
per celebrare l’annuale festa di Nettuno, 343 e da quella
Lisimaco avvista la nostra nave di Tiro,
dai neri vessilli e la ricca bardatura,
e ad essa in fretta si reca nella sua barca.
Nel vostro immaginare una volta ancora mettete
gli occhi stessi: del triste Pericle pensate
sia questa la nave, dove ciò che nell’azione avviene,
e più se si potesse, 344 sarà da voi scoperto.
Prego, sedete ed ascoltate.
Esce.
Scena I EN