Page 932 - Shakespeare - Vol. 3
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La  santa  come  tentatrice  inconscia  è  motivo  evidente,  ed  evidenziato  da
          Angelo: ma c’è qualcosa di più. Non solo Isabella sa ragionare e discorrere
          con  Angelo,  seguirlo  nello  scambio  di  battute  “argomentative”  sulla  legge,
          l’autorità e il Vangelo, ad esempio (II, ii), sfiorare la frivolezza o la flippancy

          col  fratello  Claudio  (III,  i,  58-59:  «Lord  Angelo,  having  affairs  to  heaven,  /
          Intends  you  for  his  swift  ambassador»),  equivocare  ed  ammettere  persino
          «To have what we would have, we speak not what we mean» ( II, iv, 118).
          Isabella  si  ritrova  «moving  graces»  (II,  ii,  36),  il  suo  linguaggio  «muto  e

          acquiescente»  è  tale  da  muovere  gli  uomini  (I,  ii,  178-179):  e  infatti,  nei
          confronti con Angelo le sue parole si caricano di stilemi, frasi, metafore, verbi
          e allusioni di evidente portata sensuale e sessuale. Comincia col «I would to
          heaven I had your potency» (II, ii, 67) e Angelo, con gioco di parole frequente

          in Shakespeare, osserva «She speaks, and ’tis such sense / That my sense
          breeds with it» (II, ii, 142-143: sbrigativamente ribadito in II, iv, 74: «Your
          sense pursues not mine»).
          «Hark,  how  I’ll  bribe  you»  (II,  ii,  146),  scappa  detto  a  Isabella,  e  tutto  il

          celebre passo in cui si prospetta il proprio martirio è intriso di connotazioni e
          significazioni sessuali, come nel più acceso barocco:


               ...were I under the terms of death,
               Th’impression of keen whips I’d wear as rubies,
               And strip myself to death as to a bed
               That longing have been sick for...
                                                                                                  (II, iv, 100-103)


          Insomma, come il giglio che marcisce puzza più degli altri fiori (Sonetto 94), il

          giglio della sua purezza, e il dono della parola, agiscono come strumenti del
          diavolo. E se è vero che la Venere negata di Angelo scatena in lui una Venere
          intemperante,  una  traccia  se  ne  può  ritrovare  anche  in  Isabella.  La

          repressione totale degli istinti genera mostri (come Angelo), ma in qualche
          misura  incrina  anche  lei,  provoca  forme  di  neurosi  e  disfunzioni;  induce  un
          linguaggio  diciamo  “provocatore”  ed  eccessi  di  reazione:  la  sua
          incomprensione,  e  persino  crudeltà,  verso  Claudio,  il  posporne  la  vita  alla
          propria  virtù  («More  than  our  brother  is  our  chastity», II,  iv,  184),  la  furia

          incontrollata nei suoi riguardi (III, i, 137 sgg.: «O, you beast! / O faithless
          coward! O dishonest wretch!»), analoga a quella che esplode contro Angelo
          («O, I will to him and pluck out his eyes!» (IV, iii, 117 sgg.), tradendo una

          passionalità inattesa ed un’emotività insospettata.
          In tal senso Isabella si oppone ad Angelo non solo nel confronto drammatico,
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