Page 8 - Shakespeare - Vol. 3
P. 8
schema tragico più semplice e potente. Sia l’Orestea che l’Amleto parlano di
un principe il cui padre è ucciso da un parente legato alla madre, e che riceve
da un sopramondo (dio o fantasma) l’ordine di compiere la vendetta, il che
egli fa dopo aver superato la sua perplessità (l’amekanìa dei greci) e gli
ostacoli frapposti dalla parte avversa. Oreste, davanti al matricidio, arretra e
pone l’interrogativo (ti draso? − cosa faccio?) che è dell’agire tragico distinto
dall’eroico (Heidegger, Vernant, Frye). All’interrogativo tragico, anche se
l’intreccio è diverso, può ricondursi il problema del ritardo amletico. Oreste
uccide la madre (assieme al complice) perché è lei l’assassina del padre, e
perché il matricidio è ammesso dall’ethos dei ghennaioi, ma così facendo
scatena un conflitto oggettivo e si pone in una situazione irresolubile − è
innocente e colpevole nello stesso tempo − che solo un altro intervento
divino può sciogliere ma non cancellare. Amleto si trova di fronte una
situazione rovesciata: l’assassino è lo zio, la madre è solo indiziata di
complicità. Non uccide la madre per questo, e perché glielo impedisce l’etica
cristiana e nobiliare ribadita dallo stesso fantasma, ma in fondo la uccide lo
stesso, simbolicamente in un primo momento, e indirettamente alla fine. La
vendetta esige una remunerazione: le Furie per Oreste, fino all’intervento
trascendente che gli riporta la felicità e ricostituisce l’ordine da lui voluto; la
malinconia per Amleto − finta o vera che sia la sua pazzia − fino alla morte
che gli dà la felicità e ricostituisce l’ordine da lui voluto, spezzando il processo
tragico ma senza superarlo o cancellarlo.
I n Amleto, come nel King Lear − e in accordo col tipico procedimento
elisabettiano di espansione spaziale, temporale e linguistica dell’azione
rispetto alla concentrazione del modello classico −, il motivo centrale
acquista caratteri seriali e generazionali: tre padri uccisi, tre figli vendicatori,
ciascuno con una reazione diversa, secondo la collocazione del personaggio
nella prospettiva di tipo rinascimentale dell’opera. La strutturazione del
materiale, la tessitura (texture), che comunque non è mai omogenea
(Pagnini), sembra adeguarsi a quella prospettiva: la polisemia si addensa al
centro attorno all’eroe e degrada allontanandosi dal nucleo tragico.
L’ombra della morte e del lutto si stendono da cima a fondo su quest’opera
sinistra. Il fantasma apre la tragedia ripresentando la propria morte e il
proprio funerale subito seguito dalle nozze, e scatena una vera tragedy of
errors, punteggiata da omicidi che mai sono quelli voluti, da suicidi meditati o
attuati o involontari, e da funerali. È un trionfo e una festa della Morte, cui
serve carne per un suo festino, come dice Fortebraccio alla fine.
Nello schieramento dei personaggi, l’eroe (perplesso, non privo di hybris, e