Page 12 - Shakespeare - Vol. 3
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convenzioni dell’epoca. Claudio è un principe machiavellico persino troppo
tollerante e generoso, ma anche un machiavellico può avere una dignità, un
onore, una giustizia, un desiderio di pace e di conciliazione, un rimorso e
un’intenzione di migliorare, una capacità di amare e di patire. Credere alle
parole di Amleto, o attribuirne il giudizio feroce a Shakespeare, è portare
l’opera verso una tesi; se Claudio è un mostro l’Amleto è un melodramma. Ma
Claudio, come Macbeth o Enrico VIII, ha un carisma per cui non c’è
spiegazione possibile.
All’inizio del V atto e poi nella scena seconda, a pochi minuti dalla fine, la
tensione drammatica sembra allentarsi, spira quasi un’aria di stanchezza e di
compromesso, ma è solo l’ironia del fato. Di colpo, lo sfacelo. Tutti i progetti,
le trame, le aspettative si rovesciano. In pochi minuti tutti, tranne Orazio,
sono morti, sgozzati come capretti per il festino della morte. Peccato che
Shakespeare non sia qui riuscito, come nel Re Lear, a mostrare una strage
senza sbavature melodrammatiche. Ma quando dopo la catastrofe
inspiegabile arriva il Rasserenatore, l’opera riacquista, per gli ultimi minuti,
tutta la sua ironia cosmica. Il Rasserenatore incarna una necessità biologica.
La verità, dice Jaspers, fermerebbe la vita che ha bisogno di illusioni, di
cecità, di valori e di errori. Il Rasserenatore riasserisce la vita contro il suo
opposto ma egli non comunica alcun messaggio positivo o ottimistico, non dà
alcuna risposta agli interrogativi dell’opera né alcun colpo di spugna al
tragico. Nelle frequenze più basse del testo G.B. Shaw coglieva l’ironia che
Shakespeare insinua fin nell’omaggio dovuto all’eroe. Amleto riceve onoranze
militaresche, «alla danese», per ciò che non è riuscito a essere e che forse
non aveva alcuna vocazione per essere. La tragedia si conclude tra la falsa
commozione e la commovente falsità delle cerimonie ufficiali. E soprattutto
senza lasciare in noi non dico alcun effetto catartico, ma nessuna convinzione
di averla capita. Come sempre avviene per le grandi tragedie, a ogni lettura
dell’Amleto, a essere onesti, ci sembra di capirne meno di prima, come
succede, a ogni profonda esperienza, con la vita.
Nota al testo
Ringrazio molto Vittorio Gabrieli per i consigli che mi ha dato nel corso della
traduzione. E ringrazio i traduttori che mi hanno preceduto nell’ultimo
decennio. Sono specialmente grato a Harold Jenkins per la grande edizione
New Arden, e rimando alle sue note per la giustificazione di parecchi punti
della mia traduzione.