Page 7 - Shakespeare - Vol. 3
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La storia critica dell’Amleto passa per tre fasi. Fino all’Ottocento è un’opera
          grande ma barbara che necessita di tagli e modifiche, e la sua fabula appare
          a  Voltaire  assurda  e  ridicola.  Ma  critici  e  uomini  di  teatro  che  la
          rappresentavano con successo non trovavano in essa nulla di ambiguo o poco

          comprensibile:  Amleto  è  un  principe  rinascimentale  energico,  attivo,  anche
          violento e con una tipica vena di malinconia, che finge la pazzia e calcola con
          prudenza la vendetta, e sebbene la fortuna lo tradisca, alla fine egli muore
          avendo  assolto  il  suo  compito.  Un  dramma  di  vendetta,  insomma,  con  un

          eroe positivo dalla psiche non problematica. Il problema esegetico nasce con
          i romantici e vede l’intervento di grandi scrittori, Goethe e Coleridge, Tieck e
          Nietzsche, Jaspers e Pasternak, Freud e Brecht. Oggi il compito di proporre
          nuove  interpretazioni  dovrebbe  essere  escluso  a  mio  avviso  non  solo  dalle

          funzioni del critico ma anche da quelle del regista, che nella crisi evidente del
          teatro  interpretativo  convenzionale  dovrebbe  tenersi  al  di  sopra
          dell’interpretazione e comunicare in qualche modo il mistero inesauribile del
          personaggio e dell’opera. Ciò che si dice di Amleto o del Misantropo di Molière

          è vero in realtà di tutti i personaggi teatrali: chi tenta di «strappare il cuore
          del loro mistero» li immiserisce. «Il faut jouer avec Shakespeare et non pas
          jouer  Shakespeare»,  per  adattare  un  detto  di  Kantor,  il  testo  non  va
          razionalizzato, spiegato, reso comprensibile, «explained away».

          Il  «caso  Amleto»  è  stato  inventato  dai  romantici  e  ha  fatto  il  suo  tempo.
          Amleto  non  è,  come  dice  Jenkins,  «il  dramma  più  problematico  che  mai
          Shakespeare  o  alcuno  altro  drammaturgo  abbia  scritto»,  perché  ogni  vero
          dramma è problematico; Amleto non presenta nessun particolare mistero né

          difficoltà di comprensione maggiori di quelle di ogni altra grande tragedia, di
          Shakespeare, di Racine o dei greci. L’Amleto è un capolavoro che in realtà
          non manca di difetti tecnici, i quali gli impediscono di essere una delle vette
          dell’opera  di  Shakespeare:  prolissità,  diseguaglianze  di  stile,  effetti

          convenzionali ecc., ma tutto è compensato dall’invenzione di un protagonista
          che  è  una  delle  più  alte  rappresentazioni  dell’animo  e  della  sindrome
          moderni.





          Nota per una lettura

          Il  richiamo  ai  greci  può  aiutare  molto  a  sgomberare  il  campo  da  quel
          fantasma critico che è «il caso di Amleto». Nella sua forma più elementare

          l’ambigua giustizia greca, la Dike dalle molte facce, divina o umana che sia,
          opera  come lex  talionis  o  vendetta  (Frye).  La  tragedia  di  vendetta  è  lo
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