Page 665 - Shakespeare - Vol. 3
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CONTESSA

               Anch’io ero così da giovane:
               son cose nostre com’è vero che siamo tutte natura;
               non c’è rosa di gioventù senza la sua spina −

               nasce col nostro sangue come quello con noi.
               È il segno e il timbro della veracità della natura
               la foga dell’amore che s’imprime sulla gioventù.
               Lo dice il ricordo del tempo passato
               che se fu colpa noi la commettemmo, ad altro non pensando.

               Ha nell’occhio il suo male: ora mi è chiaro.



              ELENA
               Che desiderate, signora?



              CONTESSA
                               Sai, Elena,
               sono come una madre per te.



              ELENA
               La mia onorata signora.



              CONTESSA

                               Madre, madre.
               Perché non madre? Quando ho detto “madre”,
               sembrava tu avessi visto un serpente.
               Che ha “madre” da farti trasalire? Se dico tua madre,
               ti conto fra quelli nati dal mio grembo. Succede spesso

               che l’adozione lotti con la natura, e poi si scelga
               di crescere indigeno innesto da seme forestiero.
               Tu non mi hai inflitto mai pene di parto,

               eppure io ti esprimo la premura di madre.
               Misericordia, ragazza mia! Ti si caglia il sangue
               se dico che sono tua madre? Che succede?
               Che adesso questa instabile messaggera di umidità,
               iride multicolore, ti intumidisce l’occhio?

               È perché sei mia figlia?



              ELENA
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