Page 56 - Shakespeare - Vol. 3
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di sedurre! − vinse alla sua sporca libidine
le voglie della mia regina che pareva tanto virtuosa.
O Amleto, che caduta!
Dal mio amore che valeva tanto
da andare mano in mano con i giuramenti
che le feci sposandola, abbassarsi sino a uno sciagurato
al quale la natura fece doni così indegni
rispetto ai miei.
Ma come la virtù non si lascia smuovere
anche se il vizio la corteggia in forma d’angelo,
così la lussuria, fosse pure legata
a un angelo di fuoco
si stancherà del suo letto celeste
e si getterà su un letamaio.
Ma aspetta, mi par di fiutare l’aria del mattino:
devo far presto. Dormivo nel giardino
come sempre nel pomeriggio. Tuo zio
violò la mia ora di pace. Aveva una fiala
di succo del maledetto giusquiamo, e versò
nella conca dei miei orecchi quell’essenza lebbrosa,
il cui effetto è tanto avverso al sangue umano,
che corre rapido come l’argento vivo per le porte
e i sentieri del corpo, e con rabbia furiosa apprende
e caglia, come le gocce d’acido nel latte,
il sangue lieve e sano. Così fece dentro di me,
e una scabbia improvvisa rivestì
di croste turpi e immonde come a Lazzaro
tutto il mio corpo liscio.
Così, nel sonno, per mano d’un fratello
persi di colpo vita, corona, regina,
fui falciato nel fiore dei peccati
senz’ostia, senza unzione, senza viatico
né esame di coscienza, fui mandato al giudizio
con tutti i vizi addosso. Oh orribile,
orribile, più che orribile! Se in te
c’è natura, non sopportarlo,
non lasciare che il letto del re di Danimarca
sia un covile d’incesto e di lascivia.