Page 1262 - Shakespeare - Vol. 3
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Suo padre mi amava, spesso mi invitava,
e mi chiedeva sempre di narrargli
la storia della mia vita, di anno in anno:
le battaglie, gli assedi, le vittorie
che ho passato.
Io raccontavo, dagli anni dell’infanzia
fino ai giorni presenti; narravo
di disastri ed emozionanti avventure
per mare e terra, di quando per un pelo
ero sfuggito a imminenti pericoli di morte,
caduto in mano al nemico arrogante
e venduto in schiavitù; del riscatto
e di tutte le mie peregrinazioni.
E così ebbi modo di parlare
di antri immensi e deserti sconfinati,
di cave petrose, rocce e monti
che svettano nel cielo; e dei cannibali, 23
che mangiano altri uomini, degli antropofagi
e di quelli che han la testa nel petto.
Desdemona era ansiosa d’ascoltare
e quando si doveva allontanare
per le faccende di casa, le sbrigava in fretta
per tornare a divorare avidamente
le mie parole. Io me ne accorsi,
e colsi modo e momento opportuno
perché con tutto il cuore mi pregasse
di narrarle estesamente il mio peregrinare
che lei aveva sentito solo a brani,
di tanto in tanto. Io acconsentii,
e spesso le strappavo qualche lacrima
narrandole le traversie subite
in gioventù. Conclusa la mia storia,
trasse sulle mie pene un gran sospiro,
giurando che era strano, molto strano,
un racconto che destava pietà, molta pietà;
avrebbe preferito non sentirlo,
ma anche voluto essere lei quell’uomo. 24
Mi ringraziò e mi disse che se avevo