Page 1007 - Shakespeare - Vol. 3
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che vengon dalla terra. Non sei felice,
perché ti danni per ottenere ciò che non hai,
e quel che hai, lo scordi. Non sei sicura,
perché la tua disposizione muta
in strani modi, a seconda della luna.
Se sei ricca, ti ritrovi povera:
come l’asino che sotto la soma dei lingotti
piega la schiena, porti il peso della ricchezza
per un sol viaggio, e Morte te ne libera.
Non hai amici; le viscere delle tue viscere
che ti chiaman madre, 75 effusione diretta
dei tuoi stessi lombi, maledicono gotta,
serpigo e cimurro che ancora non ti spacciano.
Non hai né gioventù o vecchiaia,
ma come un sonnolino dopo pranzo,
che sogna d’entrambe: la tua beata gioventù
incanutisce e méndica ai vecchi paralitici,
e quando ti sei fatta annosa e ricca
non hai calore, passione, agilità o bellezza
per rendere piacevole la tua ricchezza.
Cos’è allora che merita il nome di vita?
In essa si celano più di mille morti;
eppure noi paventiamo la morte,
che tutte queste disparità pareggia.
CLAUDIO
Vi ringrazio umilmente. Implorando
di vivere, vedo che cerco di morire;
e cercando morte, trovo vita. Venga pure.
ISABELLA
[da dentro]
Oh, oh! Pace, grazia e buona compagnia!
BARGELLO
Chi è? Entrate; l’augurio merita un benvenuto.
DUCA