Page 813 - Shakespeare - Vol. 2
P. 813

92 II, iv, 263 Citazione significativamente storpiata da Matteo XXVI 41: «Vegliate e pregate per non
                 entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole».
              93 II, iv, 276 Un royal valeva 10 scellini, un noble 6 scellini e 8 penny.

              94 II, iv, 296 Si confrontino i «nasi insanguinati» di cui parla Hotspur in II, iii, 90.
              95 II, iv, 306 Bardolph mostra la faccia, al cui colore allude anche il Principe nella battuta precedente
                 quando parla del fuoco. Il linguaggio è preso in prestito da astrologia e meteorologia.
              96 II, iv, 309 «Opposti risultati del bere» (Rota).

              97 II,  iv,  311 Taken  significa  insieme  “interpretato”  e  “catturato”.  Nell’originale  è  anche  un  gioco  di
                 parole sugli omofoni choler (collera) e collar (collare).

              98 II, iv, 324 «È uno scherzo: l’alabarda (a punta ricurva) gallese non ha croce, quindi il giuramento è
                 stato fatto non sulla croce (della spada generalmente), ma su uno strumento che non ha la croce»
                 (Rota). Vedi sopra (195), nota 89.
              99 II, iv, 330 «Le pistole erano sconosciute nell’età di Enrico. Ai tempi del nostro autore erano usate
                 particolarmente dagli scozzesi» (Johnson, cit. in Wilson).
            100 II, iv, 371 Allusione a una vecchia tragedia magniloquente di Thomas Preston, Cambises, King of
                 Persia (1569).
            101 II, iv, 386 Falstaff imita lo stile ampolloso dell’eufuismo. Il suo paragone avvicina buffamente cose
                 opposte (Johnson).

            102 II, iv, 393 Sun (sole) e son (figlio) sono omofoni. Vedi I, ii, 187 e III, ii, 133-137.
            103 II, iv, 434 Manningtree, nell’Essex, era famosa per le fiere e la grassezza dei buoi. Si tenga anche
                 presente il carattere simbolico di vittima sacrificale bene ingrassata ricoperto da Falstaff.
            104 II, iv, 436 Allude ai personaggi dei drammi allegorici, dove era consueta la situazione del Giovane
                 traviato dal vecchio Vizio.
            105 II, iv, 461 Il Principe, pur parlando ancora nel ruolo del padre, annuncia qui inequivocabilmente la
                 sua intenzione reale, che porrà in atto al momento dell’incoronazione.
            106 II, iv, 467 Proverbiale, forse nel senso di «quanto chiasso per nulla».
            107 II, iv, 473 L’interpretazione è controversa. È probabile un gioco su  mad (pazzo) e made (fatto [di
                 vero oro]). Forse intende: «Non dir male di me negando la mia virtù profonda. Anche tu sei diverso
                 da come sembri».
            108 II, iv, 475 Termine sillogistico. Come dire: «il ragionamento non fila». C’è anche un gioco di parole
                 su major e mayor, “sindaco” (vedi il seguito della battuta).
            109 II, iv, 507 Da sostituire con Poins secondo Johnson, che scrive: «Cosa aveva fatto Peto per avere
                 ‘un incarico onorevole’ o essere usato nella beffa a Falstaff? Poins ha la fiducia  del  Principe  ed  è
                 uomo di coraggio [...] avendo derubato solo i ladri, non ha necessità di nascondersi dai viaggiatori».

            110 III, i Bangor, Galles. Casa dell’Arcidiacono. La collocazione è desunta dal v. 72 e da Holinshed. La
                 scena, terza per lunghezza nel dramma, è in versi a eccezione di brevi interventi demistificanti (il
                 litigio fra Hotspur e Glendower e il battibecco conclusivo dello stesso con la moglie). Hotspur, vero
                 protagonista della scena, passa dalla prosa ai versi nel bel mezzo di una battuta (249). Il tema di
                 fondo, presentato con bella comicità, è l’intendersi non intendendosi dei ribelli, sia fra sé che con le
                 mogli. Glendower appare solo qui, ma è subito caratterizzato assai felicemente sulla base di alcuni
                 spunti in Holinshed.
            111 III, i, 8 Il Re (vedi Tavola genealogica).
            112 III,  i,  17  Glendower  è  superstizioso  e  dedito  alle  arti  magiche,  tratti  spesso  attribuiti  ai  gallesi.
   808   809   810   811   812   813   814   815   816   817   818