Page 1848 - Shakespeare - Vol. 2
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Che senso ha? Perché mi guardate a quel modo?
               In voi non vedo altro che uno dei prodotti
               dozzinali, che la Natura porta
               al mercato. Per l’animuccia mia!

               Mi sa che questa vuole intrappolare
               pure i miei occhi! No, perdinci, mia Signora
               Superbia, non sperateci. Non crediate di farcela
               ad arruolare i miei spiritacci tra i vostri

               smaniosi, con la vostra fronte d’inchiostro, il crine
               setoso e nero, gli occhi di ranocchia,
               e le guance di burro. E tu, pastore pazzo,
               perché le tieni dietro che pari lo scirocco

               pregno di nebbia e acquate? Tu, come uomo, vali
               mille volte di quanto lei vale come femmina.
               Sono gli scemi come te che riempiono
               il mondo di marmocchi malfatti. Non è lo specchio

               che la fa insuperbire, sei tu, e solo in te
               lei si vede più bella che non provino
               le sue fattezze. E voi, signora mia,
               imparate a conoscervi. Mettetevi ginocchioni

               e ringraziate il cielo, facendo un po’ digiuno,
               che vi manda l’amore d’una persona a modo;
               giacché vi voglio dire da amico, in un orecchio,
               cogliete l’occasione, vendete, non è roba

               che va in tutti i mercati. E allora, implorate
               il suo perdono, amatelo, e accettatelo.
               Brutto è brutto, e più brutto quando comincia a sfottere.
               Perciò, pastore, prendila. Tanti auguri agli sposi.



              FEBE
               Dolce ragazzo, insultami tutto l’anno, ti prego.

               Meglio le tue insolenze che le sue smancerie.



              ROSALINDA
          (a Febe)
          Ma guarda un po’, lui s’è cotto delle tue schifezze, (a Silvio) e lei s’è cotta
          della mia stizza. Quand’è così, su ogni pesce in faccia che lei ti butta con gli

          occhi, io ci metto la salsa delle parolacce. (A Febe) E tu perché mi fai quegli
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