Page 1847 - Shakespeare - Vol. 2
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davanti a un bruscolino, chiamarli boia, tiranni,
assassini? Ecco qua, ti fò il cipiglio
con tutto il cuore: se gli occhi davvero
potessero ferire, resteresti stecchito.
Su, fingi di svenire, casca in terra,
ma se non ti riesce, abbi almeno il pudore
di non mentire, che i miei occhi uccidono.
Mostrami la ferita che t’han fatto i miei occhi.
Ce l’hai uno spillo? Grattati, e ti resta lo sgraffio.
Metti la mano su un’ortica, e vedi
se il palmo non ne serba almeno per qualche attimo
il segno e l’impronta sensibile. Ma lo sguardo
che t’ho scagliato contro, non t’ha fatto del male,
e negli occhi, son certa, non c’è forza
che possa provocare ferite.
SILVIO
O cara Febe,
se mai, e questo mai può essere vicino,
dovesse capitarti di scoprire
in qualche fresco viso la forza dell’amore,
le sentiresti allora, le ferite invisibili
delle frecce puntute d’amore.
FEBE
E tu fino ad allora
non venirmi vicino. E quando arriva
l’ora, sfottimi pure, non avere pietà
come intanto, di te, io non avrò pietà.
ROSALINDA
(si fa avanti)
E perché mai, se è lecito? Che madre hai avuto, di’,
che insulti, e esulti, tutto in una volta,
su un povero infelice? Perché, se siete brutta
− e affé mia non vi trovo più bella di parecchie
che t’entrano nel letto al buio, senza candela −
la dovete menare così, tronfia e spietata?