Page 1542 - Shakespeare - Vol. 2
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esclami: “Onore e gloria sul suo capo!”.
Poiché egli se n’esce a far visita a tutti i suoi uomini,
sorride loro da pari a pari nel dar loro il buongiorno,
chiamandoli amici, fratelli, compatrioti.
Il suo volto regale non tradisce ansietà
per la temibile armata che l’ha circondato,
né un’ombra del suo colorito ha egli ceduto
a questa notte defatigante, trascorsa a vegliare.
Fresco è il suo aspetto, e domina la fatica
con piglio allegro e affabile maestà,
tanto che ognuno di quei disgraziati, pur pallido e esausto,
solo a guardarlo trae conforto dalla sua buona cera. 106
Con liberalità universale, come il sole,
di occhiate generose è prodigo con tutti,
sciogliendo il gelo della paura: così che tutti, nobili e plebei,
ritroverete, in questa povera descrizione,
l’ombra di Harry, in giro nella notte. 107
E ora la nostra scena deve involarsi verso la battaglia
dove − Dio ci perdoni! − noi faremo gran torto,
con quattro o cinque miserrimi ferri spuntati,
goffamente incrociati in un grottesco duellare, 108
al nome di Agincourt. E vi preghiamo di non andar via:
a dare corpo alla realtà basta una parodia.
Esce.
Scena I 109 EN
Entrano il Re [Enrico], Bedford e Gloucester.
ENRICO
Gloucester, è vero che siamo in grande pericolo.
Tanto più grande, allora, dev’essere il nostro coraggio.
Buongiorno, Bedford, fratello mio. Dio onnipossente!
Anche nelle cose cattive c’è un barlume di bontà,
se solo volessimo attentamente distillarlo.
Il nostro cattivo vicino ci fa alzar di buon’ora,
il che fa bene alla salute, e ci rende fattivi.