Page 1132 - Shakespeare - Vol. 2
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Dopo  che  il  Re,  secondo  gli  sembrava  giusto,  ebbe  riscattato  e  punito  con
          gravi  multe  i  cittadini  di  York  (che  avevano  portato  le  armi  dalla  parte
          dell’Arcivescovo contro di lui), partì da York con un esercito di trentasettemila
          combattenti  forniti  di  tutto  il  necessario,  dirigendosi  verso  nord  contro  il

          Conte  di  Northumberland.  Al  suo  arrivo  a  Durham,  Lord  Hastings,  Lord
          Falconbridge,  Sir  John  Coleville  di  Dale  [IV,  iii]  e  Sir  John  Griffith,  trovati
          colpevoli della congiura, furono là decapitati.


          [Morte di Enrico IV]


          In questo anno [1411], il dodici di ottobre, vi furono tre piene del Tamigi,
          l’una  seguendo  l’altra  senza  una  bassa  marea  intercorrente,  la  qual  cosa
          nessun uomo vivente ricordava di avere mai visto [IV, iv, 125] [...]
          Il  giorno  dopo  la  Candelora  [1413]  iniziò  un  Parlamento,  che  egli  aveva
          convocato  a  Londra,  ma  egli  si  dipartì  da  questa  vita  prima  che  questo

          Parlamento finisse, poiché ora che le provviste erano pronte ed era fornito
          con sufficienti mezzi, soldati, capitani, viveri, munizioni, alte navi, forti galee,
          e  tutto  il  necessario  per  un  viaggio  così  regale  come  quello  che  diceva  di

          voler compiere in Terrasanta, fu subito colto da una grave malattia, che non
          era  una  lebbra  inferta  dalla  mano  di  Dio  (dice  messer  Hall),  come
          immaginano certi frati stolti, ma una vera e propria apoplessia della quale
          languì fino all’ora destinata, e non ebbe altro dolore e malattia [...]
          Durante  quest’ultima  malattia,  egli  fece  porre  la  corona  (secondo  scrivono

          alcuni)  su  un  guanciale  in  capo  al  suo  letto,  e  improvvisamente  le  fitte  lo
          colpirono con tanta forza che giacque come se i suoi spiriti vitali si fossero
          dipartiti.  Quelli  che  gli  erano  vicini,  pensando  invero  che  si  fosse  partito,

          coprirono il suo volto con un panno di lino.
          Il  Principe  suo  figlio,  di  ciò  informato,  entrò  nella  stanza,  prese  con  sé  la
          corona e partì. Il padre, destandosi improvvisamente dal suo sopore, subito
          notò  la  mancanza  della  corona  e,  saputo  che  il  Principe  suo  figlio  l’aveva
          portata via, ordinò che venisse alla sua presenza, chiedendogli cosa avesse

          pensato  per  trattarlo  così  male.  Il  Principe  con  felice  audacia  rispose:
          «Signore, a giudizio mio e di tutti sembravate morto a questo mondo, perciò
          io, come vostro erede presuntivo più prossimo, la presi come mia e non come

          vostra».
          «Bene, caro figlio», disse il Re con un grande sospiro, «che diritto ad essa io
          avessi, lo sa Dio».
          «Bene», disse il Principe, «se morite re, avrò la corona e confido di tenerla
          con la spada contro tutti i miei nemici, come avete fatto voi».
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