Page 40 - Shakespeare - Vol. 1
P. 40

titoli: The First Part of the Contention betwixt the two Famous Houses of
Yorke and Lancaster e Richard Duke of Yorke. Nel 1977 l’autorevole
opinione di Kenneth Muir (The Sources of Shakespeare’s Plays) inclina per
l’autenticità della seconda e terza parte dell’Enrico VI, ma ritiene che la
prima parte sia stata scritta e rappresentata dopo le altre due e che «non
sia interamente di Shakespeare».
Questa interpretazione demolisce la tesi di Tillyard sull’organicità
dell’intero progetto drammaturgico che presiede agli history plays
shakespeariani. Per quanto riguarda la prima parte dell’E n r i c o VI,
Shakespeare (o chi per lui) avrebbe sfruttato il buon esito della
rappresentazione dei due drammi incentrati sulla Guerra delle Rose
(perché di questo trattano 2Henry VI e 3Henry VI, ovvero la Contention e
Richard Duke of Yorke) per aggiungere una sorta di preludio e immettere
in scena personaggi di larga presa sul pubblico: Talbot - mai menzionato
nelle successive parti della trilogia - e Giovanna la Pulzella. Un recente
sostenitore della teoria “distruttivista” è Gary Taylor, il quale, curando nel
1986 assieme a Stanley Wells l’Oxford Edition dei Complete Works di
Shakespeare nella ortografia originale, attribuisce al drammaturgo
elisabettiano solo una manciata di scene nella prima parte dell’Enrico VI, in
particolare quelle riguardanti nel IV Atto la morte di Talbot e del figlio. Vale
a dire, in questa prospettiva, che il personaggio più innovativo dell’opera,
la Pulzella, non sarebbe uscito in alcun modo dall’immaginazione di
Shakespeare.
A favore della autenticità della prima parte dell’Enrico VI e della sostanziale
omogeneità dell’intera trilogia (seppure non nel senso trionfalistico
sottolineato da Tillyard) si sono decisamente schierati A.S. Cairncross,
curatore della trilogia per la Arden Edition (la prima parte è uscita nel
1962), e Michael Hattaway, che si è occupato di The First Part of King
Henry VI per l’edizione New Cambridge Shakespeare (1990).
Cairncross nega la possibilità di una disanima stilistica capace di
individuare autori in quel momento tra di loro affini, come il giovane
Shakespeare, Peele, Greene, e cerca di spiegare le contraddizioni e le
inconsistenze del testo riportato nell’in-folio senza ricorrere alla teoria delle
interpolazioni e delle aggiunte fatte da mani diverse, ma piuttosto
ipotizzando l’utilizzo di un manoscritto dell’autore, annotato per
l’adattamento teatrale o per il suggeritore: esso sarebbe stato copiato, con
ritocchi ed errori, da un compilatore, in vista della pubblicazione. Secondo
Cairncross non ci sono prove conclusive che la stesura della prima parte
dell’Enrico VI preceda quella delle altre due opere che compongono la
trilogia, ma non vi sono neppure contro-indicazioni alla logica di una
sequenza preordinata cronologicamente. Della stessa opinione è Hattaway,
   35   36   37   38   39   40   41   42   43   44   45