Page 56 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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per nature come quella di Parmenide ogni saltare equivalga già a un cadere. Ci ritroviamo
insomma nella nebbia, nella mistica delle qualitates occultae e persino un po’ nella mitologia.
Come Eraclito, anche Parmenide contemplò l’universale divenire e impermanenza, e riuscì a
interpretare il perire unicamente attribuendone la colpa a ciò che non è. Come potrebbe infatti
ciò che è portare la colpa del perire? Ma anche il nascere deve aver luogo con l’aiuto di ciò che
non è: ciò che è, difatti, è presente da sempre e non potrebbe mai, da se stesso, nascere, né
spiegare alcun nascere. Tanto il nascere quanto il perire sono dunque causati dalle qualità
negative. Ma il fatto che ciò che nasce abbia un contenuto e che ciò che muore perda un
contenuto, presuppone che le qualità positive – vale a dire quel contenuto – partecipino altresì
ad entrambe i processi. In breve, emerge il teorema: «al divenire sono necessari tanto l’essente
quanto il non essente; dalla loro azione simultanea ha luogo il divenire». Ma come accade che il
positivo e il negativo si accostino l’uno all’altro? In quanto opposti, non dovrebbero al
contrario fuggirsi eternamente e rendere perciò impossibile ogni divenire? A questo punto
Parmenide fa ricorso ad una qualitas occulta, a una tendenza mistica degli opposti ad
avvicinarsi ed attrarsi, e spiega quel contrasto tra gli opposti mediante il nome di Afrodite e
mediante il reciproco rapporto tra maschile e femminile che ci è noto per esperienza. È la
potenza di Afrodite a far incontrare gli opposti, a combinare l’essente con il non essente. Una
bramosia riunisce insieme gli elementi che si odiano e lottano l’uno contro l’altro: il risultato è
il divenire. Quando la bramosia si sazia, l’odio e l’intimo conflitto spingono nuovamente
l’essente e il non essente l’uno lontano dall’altro – e allora l’uomo dice: «la cosa perisce».