Page 54 - Nietzsche - Su verità e menzogna
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Capitolo IX









     In ogni parola di Eraclito si esprimono la fierezza e la maestosità della verità, quella coglibile
     però intuitivamente e non arrampicandosi sulla scala di corda della logica; egli contempla, in

     un’estasi  degna  della  Sibilla,  ma  non  indaga;  conosce,  ma  non  calcola.  Con  il  suo
     contemporaneo  Parmenide  gli  si  affianca  un’immagine  opposta:  anch’egli  appartiene  alla
     categoria dei profeti della verità, ma è fatto per così dire di ghiaccio, anziché di fuoco, e irradia
     una luce fredda, pungente. Parmenide ha avuto, probabilmente soltanto in età molto avanzata, un

     momento di astrazione purissima, imperturbata da qualunque realtà e completamente esangue.
     Questo momento, – antigreco come nessun altro nei due secoli dell’epoca tragica – prodotto del
     quale è la dottrina dell’essere, rappresentò per la sua vita una pietra di confine che la divise in
     due periodi. Ma questo momento divise anche il pensiero presocratico in due metà, dove la

     prima può essere denominata periodo di Anassimandro, mentre la seconda, appunto, periodo di
     Parmenide. Il primo periodo della filosofia di Parmenide, quello più antico, assume comunque
     ancora  il  volto  di  Anassimandro:  in  esso  Parmenide  produsse  infatti  un  dettagliato  sistema
     filosofico-fisico in risposta alla questione posta da Anassimandro. Quando più tardi lo colse

     quel gelido brivido dell’astrazione e venne da lui posto il discorso che, nel modo più semplice,
     parlava dell’Essere e del Non-essere, allora anche il suo sistema potè essere annoverato tra le
     numerose, antiche dottrine destinate ad essere distrutte da questo discorso. Egli sembra però non
     aver  perduto  del  tutto  il  rispetto  paterno  verso  il  vigoroso  e  ben  costruito  figlio  della  sua

     giovinezza,  e  si  arrangia  perciò  dicendo:  «Senza  dubbio  esiste  solo  una  strada  giusta,  ma
     unicamente  quando  ci  si  vorrà  incamminare  per  un’altra  via  la  mia  primitiva  opinione  sarà
     confermata nel suo valore e nella sua coerenza». Difendendosi con questa formulazione, egli
     concesse al suo precedente sistema fisico uno spazio dignitoso e ampio persino in quel grande

     poema  sulla  natura  che  doveva  proclamare  la  nuova  visione  come  l’unica  indicazione  per
     giungere alla verità. Questo riguardo paterno, anche se doveva introdurre un errore, è l’unico
     residuo  di  sentimento  umano  in  una  natura  peraltro  completamente  pietrificata  dalla  rigidità
     logica e trasformata quasi in una macchina pensante.

       Verso la completa separazione tra un mondo che soltanto è, e un mondo che soltanto diviene,
     Parmenide  –  il  cui  rapporto  personale  con  Anassimando  non  sembra  incredibile  e  il  cui
     prendere  le  mosse  dalla  dottrina  di  Anassimandro  è  non  soltanto  credibile,  ma  addirittura
     evidente – nutriva la medesima diffidenza che colse anche Eraclito e che lo spinse a negare

     l’essere  in  generale.  Entrambi  cercavano  una  via  d’uscita  da  quella  contrapposizione  e
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